Ancora sulla descrizione del mondo fisico

di Paolo Maria Mariano

Nella visualizzazione comune dell’atomo come sistema solare in miniatura, immaginiamo le particelle subatomiche come punti materiali dotati di massa, sebbene la figurazione non sia del tutto aderente al modello matematico proposto da Niels Bohr (1885 – 1962) e da cui quest’interpretazione emerge. Chi si preoccupa per curiosità (per lo meno) di avere qualche successiva informazione si accorge che, per esempio, gli elettroni si comportano talora come palline, talaltra come onde, secondo il tipo di osservazione che di essi facciamo.

A una tentativo più approfondito di conoscenza ci si accorge che per tentare di trovare una comune origine di quelle che ci appaiono essere le forze fondamentali che sostengono il tessuto della realtà fenomenologica è forse utile pensare a una particella subnucleare non tanto come a una pallina dotata di massa, per quanto piccola la si possa immaginare, né come una vaga onda, quanto come una corda vibrante. Questa è l’idea fondamentale della cosiddetta teoria delle stringhe.

L’immagine, per quanto emozionante e ricca anche di conseguenze non immediatamente intuitive e di certo non banali, non sembra ancora soddisfare completamente il desiderio di ricerca di un unico “principio” da cui scaturiscano per deduzione le leggi che ci appaiono regolare i fenomeni fisici.

Un successivo passo è quindi sembrato essere quello di considerare una corda vibrante chiusa (una sorta di anello) come il bordo di una membrana, anch’essa vibrante. È questa l’idea da cui si è sviluppata la teoria delle brane, considerate come elementi costituenti i fenomeni osservati.

Lo stesso tentativo di rappresentare in maniera unificata le “forze” fondamentali richiede, almeno nei sentieri concettuali che si percorrono oggidì, di pensare che il mondo che osserviamo sia la proiezione tridimensionale, o quadridimensionale se consideriamo il tempo come una “dimensione” degli eventi, di un universo a dimensione più alta.

A tutte le immagini appena elencate, corrispondono strutture matematiche che ne esprimono le proprietà qualitative e al tempo stesso permettono di quantificare previsioni. È proprio questo duplice aspetto che suggerisce sia necessario formulare modelli matematici del mondo intorno a noi che osserviamo talvolta con malcelata indifferenza, talaltra con timore, infine con curiosità, sia a fini di conoscenza, sia per le applicazioni tecnologiche. La costruzione di un modello matematico – la sua proposta, per meglio dire – non è, però, per nulla un processo automatico, semmai è come l’opera di un artigiano o di un artista, secondo i casi. Si è indirizzati dai dati che in qualche modo sono a disposizione, ma questi sono limitati – non contemplano, cioè, tutti i casi possibili – e devono essere interpretati attraverso una visione teorica, il modello matematico, che non sempre coincide con quella che ha indirizzato la costruzione degli strumenti utilizzati in laboratorio e l’ideazione stessa dell’esperimento. Un modello è quindi suggerito dall’osservazione di una classe di fenomeni di cui è rappresentazione, ma al tempo stesso va oltre a essi perché deve essere predittivo e deve anche proporre una visione più generale dell’elemento specifico da cui emerge.

Nel costruirlo si è chiamati a formulare ipotesi, a scegliere tra possibilità alternative concesse dalle informazioni preliminari che si hanno e dalla propria immaginazione. Non tutte le scelte sono equivalenti. Discernere tra esse può essere materia di giudizio a posteriori, espresso dalle previsioni che differenti scelte di modello permettono di fare. Questo tipo di giudizio, però, non è decisivo, salvo che qualcuno dei risultati espressi da una versione del modello o da altre possibili non sia falsificato da qualche esperimento, cosicché si possa essere più inclini per una versione del modello stesso piuttosto che per un’altra. D’altra parte, però, la falsificazione di una teoria non è altro che lo sforzo di stabilirne i confini di validità e ciò che è interno a tali confini può essere perfino vuoto. C’è anche un giudizio a priori o, per così dire, in corso d’opera perché si può preferire – e spesso così si fa – una scelta possibile a un’altra lungo la costruzione di un modello per ragioni estetiche, per la profondità della formazione culturale di chi è coinvolto nella costruzione, perfino per fattori psicologici.

L’analisi dei modelli matematici di fenomeni fisici ha risultati profondamente differenti dalle manifestazioni della letteratura, delle arti figurative, della musica. Differenti sono soprattutto le possibilità di godimento dei risultati e la loro comprensione, sebbene il successo commerciale di opere divulgative necessariamente superficiali, non di rado utili, ma talvolta colpevolmente apologetiche, ombre di ombre mi è già capitato di sostenere, sia indicatore di un desiderio latente sempre più diffuso di comprendere porzioni delle elaborazioni teoriche sulla struttura del mondo. E più che un desiderio intellettuale può darsi sia piuttosto il tentativo di appoggiarsi a un qualche ambito che si presenti latore di solide certezze, quando poi, se si osservasse dall’interno, ci si accorgerebbe che si tratta di un cammino incerto, percorso in maniera inquieta. La divulgazione nasconde la problematicità del discorso scientifico; è naturalmente acritica perché non può entrare nella rappresentazione esatta di dettagli cruciali; d’altra parte, se così non fosse, non sarebbe divulgazione. È quindi necessario accostarsi a essa con cautela, soprattutto quando è utilizzata, spesso travisando il senso delle teorie di cui si occupa, come è accaduto spesso per la relatività eisteiniana, ad esempio, per supportare o giustificare inclinazioni filosofiche o scelte politiche che convengono anche solo psicologicamente a chi le propone.

Comunque sia, nonostante la diversità dei risultati e del modo con cui essi sono e possono essere fruiti, il percorso interiore di chi ha un’attività creativa nella costruzione e nell’analisi di modelli del mondo intorno a noi ha inaspettate similitudini, coincidenze, sovrapposizioni, con quello di un pittore, un romanziere, uno musicista. Ciò che tutti loro producono è infatti una narrazione del mondo sia del suo aspetto tangibile, sia di quello che nella mente ci figuriamo, un tentativo di conoscenza, un domandarsi perché.

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