Ricordo di Donato Valli

di Ferdinando Boero

Donato Valli è stato il mio primo rettore, quando sono arrivato a Lecce nel 1987. Non lo posso dimenticare. Una cosa mi sorprese, la prima volta che entrai nel suo ufficio di Magnifico Rettore: le minuscole dimensioni della sua scrivania e la semplicità degli arredi. Era Magnifico, ma era maestro dell’understatement e dell’autoironia. Apparteneva all’area umanistica dell’Università, un’altro mondo per noi “scientifici”. Loro in centro, noi fuori dalle mura della città. Due comunità separate. Lo vedevo raramente, giusto nelle cerimonie ufficiali. Sentirlo parlare in quelle occasioni era un piacere, perché ogni volta riusciva a dissolvere l’atmosfera formale, raccontando storie che descrivevano una sua apparente inadeguatezza al ruolo che rivestiva. Ricordo il racconto di un viaggio a Roma, al Ministero, per perorare la causa dell’Università. Si descriveva come un contadino di Tricase che entra nel palazzo con il cappello in mano, a chiedere un favore. Il ministro lo congedò dicendo che il budget dell’Università sarebbe stato consolidato. Parola burocratica per dire che i finanziamenti provvisori dati all’Università di Lecce, così si chiamava allora, sarebbero diventati definitivi: ogni anno sarebbe arrivata quella cifra. Donato Valli ringraziò, ci raccontò, e se ne andò grattandosi la testa, preoccupato. Cosa avrà voluto dire il ministro? Tornato a casa, quando gli amministrativi gli spiegarono, scoprì, con incredulità, che aveva fatto un “colpaccio” per la sua Università. Aveva raccontato l’esperienza che stava facendo, e aveva colpito il segno. Solo che non aveva capito il linguaggio dei politici… Come rideva mentre lo raccontava. Gli proposero anche il CNR. Per me CNR era una marca di scarpe, disse. Era una battuta, per dire che non lo conosceva. Lui era uno squisito letterato, estraneo agli Enti Pubblici di Ricerca. Il bello è che avevo appena comprato un paio di scarpe che avevano CNR sull’etichetta. E il bello è che Donato Valli portò il CNR nella nostra Università. E costruì Ecotekne, per noi “scientifici”.

Il dipingersi in questo modo, poi l’ho capito, significava: io vivo in un altro mondo, ho altri valori. Però capisco eccome che queste cose sono importanti e faccio quel che posso, ce la metto tutta. Oltre a questo, il rettorato di Valli fu caratterizzato da una cosa importantissima. Non stava lavorando per sé, per la sua porzione di conoscenza, per le cose a cui teneva di più. Stava lavorando per far crescere la sua Università in campi che non erano il suo. Per darle il pieno titolo di conoscenza universale. E’ cosa rara, altri rettori, in ogni Università, lavorano per rinforzare la propria area, o per crearsene una nuova, a propria immagine e somiglianza. Non lui. Non l’ho frequentato moltissimo, non ho mai praticato molto le stanze “alte” della mia Università, neppure ora. Ma ogni volta che lo incontravo era una gioia scambiare anche poche parole. Una persona luminosa.

Suo figlio Ludovico è un chimico fisico, ha preso tutt’altra strada. Attraverso di lui, però, mi sono sempre tenuto aggiornato: come sta Donato? E in questi ultimi tempi le notizie non erano buone.

Qui a Lecce non si dice che una persona è vecchia, o anziana. Si dice che è grande. Donato Valli era grande. E non ci sono rimpianti quando qualcuno se ne va dopo una vita vissuta intensamente, avendo realizzato cose importanti, avendo vissuto non solo per se stesso ma per la comunità che lo aveva scelto come guida.

L’ho visto che non è molto, a Tricase, mentre scendeva a fatica da un’auto. Era sempre lui, ma era diventato davvero molto grande. Un grande uomo.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, venerdì 20 ottobre 2017]

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