Come contribuire al progresso della scienza meridionale

di Ferdinando Boero

Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) ha appena lanciato il bando per i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale. Questa volta con somme relativamente elevate, se paragonate alle miserie degli anni scorsi.

Un occhio di riguardo è stato tenuto per il Sud. Una porzione sostanziale (64 milioni di euro) del finanziamento è stata dedicata a Regioni identificate come “in ritardo di sviluppo”. La Puglia è una di queste. Ci sarà, quindi, una “riserva di caccia” intitolata SUD. Ovviamente le regioni del sud potranno partecipare anche al resto del bando, ma avranno una quota dedicata esclusivamente a loro.

Posso dirlo? A me pare umiliante. E temo che non contribuirà al progresso della scienza meridionale. Le montagne di soldi arrivate con l’Obiettivo 1 dell’Unione Europea non hanno sortito grandi effetti, visto il ritardo che continua ad affliggerci e alle cattedrali nel deserto che sono state costruite con quei fondi (mi sono stufato di fare l’elenco).

L’Unione Europea, comunque, per quel che riguarda la ricerca, ha adottato una strategia completamente differente. Promuove progetti in cui gruppi di ricerca degli stati leader in una data area scientifica lavorino assieme a gruppi di ricerca di stati emergenti, e richiede un alto tasso di scambio tra le varie comunità scientifiche, incluse anche quelle del Nord Africa e del Medio Oriente. Nei 40 anni della mia carriera ho visto paesi praticamente inesistenti nel campo delle scienze marine crescere sensibilmente a seguito di questa politica di “mescolamento”. La tendenza, sulle prime, è stata di prendere i soldi e non far niente, lasciando lavorare i più esperti. Ma, progetto dopo progetto, le comunità scientifiche di questi paesi si sono adeguate agli standard dei paesi più avanzati. Per le scienze del mare, tra i paesi arretrati, tempo fa, c’era anche l’Italia. Ho assistito con sgomento alle resistenze all’uso della lingua inglese per pubblicare i risultati delle ricerche italiane, subendo anche ritorsioni per aver pubblicato il mio lavoro su riviste non italiane. Chi è entrato nei circuiti europei ha assunto una dimensione internazionale, chi si è adagiato nei facili canali preferenziali (prima di tutto regionali) è rimasto indietro. Ricco, arretrato, e sempre pronto al lamento. 

Non credo che le corsie riservate siano utili alla crescita scientifica, anzi. Se non ci si confronta e non si collabora con chi vale più di noi (ce ne sono sempre), si rimane inevitabilmente indietro.

Nei primi anni di questa politica di integrazione perseguita dall’Unione Europea, i bandi prevedevano la presenza di paesi svantaggiati, tra cui il nostro. Ci ritrovavamo nei progetti perché ci dovevamo essere! Dopo due o tre decenni, chi è entrato in quei circuiti ha iniziato a coordinare i progetti, e non a essere una comparsa. Parlo per le scienze marine, il mio campo, ovviamente. In fisica siamo sempre stati dei campioni, e anche in chimica.

L’internazionalizzazione è la chiave di volta del progresso scientifico e, invece, con questo provvedimento si va verso la regionalizzazione.

Peccato. Sarebbe stato molto meglio seguire il modello europeo, visti i risultati che ha avuto. E visti anche i risultati delle distribuzioni di denaro a bassa competitività. Spero tanto di sbagliarmi, ma temo che questa scelta sarà deleteria per la ricerca meridionale, pur essendo basata sulle migliori intenzioni verso il Sud “in ritardo di sviluppo”!

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, giovedì 4 gennaio 2018]

 

Questa voce è stata pubblicata in Universitaria e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *