Elogio della bugia

di Luigi Scorrano

Di solito si considera la bugia, isolata o accorpata ad altre, spiritosa o maligna, come una abitudine (se abitudine è) riprovevole. Perché riprovevole? Forse occorrerebbe in una diversa considerazione rispetto a quella di cui gode tradizionalmente e continua a godere, sia pure sempre più debolmente. Peccato! la bugia è una delle grandi risorse umane e occorrerebbe continuare a coltivarla e, anzi, a rilanciarne la presenza nella società o nell’intimo della coscienza: due estremi, questi, applicabili (e che si applicano di fatto) all’insegna delle più spudorate invenzioni difensive o semplicemente al gusto di una costruzione mentale che serva a mettere alla prova la capacità creativa di un soggetto.

Un elogio della bugia non può sembrare un’azione, o una disposizione, da stigmatizzare come una cattiva azione. Infinite sono le benemerenze della bugia! E, anzi: se si fa una distinzione è bene farla anche sul piano della lingua: utilizzare, ad esempio, la parola bugia in un ambiente meno dotto, abituato a un linguaggio quotidiano piuttosto povero o andante, che ha messo in circolo la forma bugia perché non ha percepito la finezza individuabile in un suo sinonimo. Una questione di finezza, diremmo! Il sinonimo è menzogna. Suona meglio a un orecchio esercitato alla differenza che distingue  le sfumature più sottili della pronunzia e dei suoni, la parola menzogna! Si dirà che si tratta di una sottigliezza apprezzabile solo da coloro che sono abituati a parlare col vocabolario in tasca! Sarà; ma intanto la differenza c’è. Tuttavia fare qui l’elogio della menzogna/bugia  non è superfluo perché solo attraverso le sottili distinzioni si stabiliscono distanze, si migliora il senso generale di quello che si dice.

En passant, riflettendo su questo arduo problema (meglio bugia o menzogna?) m’è venuto in mente un detto circolante un tempo per definire una qualità intrinseca della bugie o, se si vuole, una loro rappresentazione fisionomica. Si scriveva e diceva: Le bugie hanno le gambe corte. L’affermazione, di tipo proverbiale era irritante per delle belle ragazze le cui gambe non potevano procurare loro una dichiarata ammirazione quando entravano nel mirino, nel campo visivo, di giovanotti ben dotati e che la prima misura la producevano proprio valutando il felice slancio delle gambe. Le bugie, tutte senza distinzione, erano accreditate di un paio di gambe corte: il che non corrispondeva a verità e serviva solo a disegnare un fisico non molto favorito da madre natura. Oggi il problema è superato: lo sport provvede, insieme con nuovi ritrovati naturali o paranaturali, ad assicurare che le gambe femminili si sono allungate e rispondono ai canoni richiesti dall’uso sociale delle gambe!

Torniamo al’elogio della bugia.  Che cosa è, infine, questa scappatoia con la quale accreditarsi di qualche mentita qualità, di qualche inventata virtù, di qualche capacità mai posseduta? Che cosa è una storia inventata, un paravento dietro il quale nascondere velocemente qualche errore? Si sono sempre magnificati i comportamenti limpidi, la sincerità dei sentimenti, la dimostrabile qualità delle azioni, la trasparenza nel comunicare e tante altre caratteristiche ‘positive’.

Perché dire positive quelle caratteristiche? Le bugie ne hanno altrettante.

La bugia aiuta a sorridere, scopre territori inesplorati dell’immaginazione, mette alla prova le nostra capacità d’invenzione, ci offre una possibilità di scampo in alcune circostanze nelle quali non sapremmo come cavarcela. La bugia è caratterizzata da una sorta di candore primitivo; crede in se stessa; esplora possibilità che altri hanno respinto come fossero da evitare studiosamente. La bugia è un’esaltazione della mente, uno spazio supplementare per la ragione. La bugia è costruttiva, creativa, divertente. Ispira l’immaginazione, scalda la fantasia. Non teme smentite o è sempre pronta a difendere la sua verità, quella costruita con le armi della ragione e difesa con quelle dell’immaginazione. La bugia è socializzante: un mondo che non fosse costruito sulle bugie sarebbe monotono, smorto, scolorito. Tutti abbiamo bisogno di mentire per difendere noi stessi; ecco, allora, la necessità della bugia. C’è bisogno, per vivere, di quella menzogna vitale teorizzata da Ibsen in una sua famosa commedia, L’anitra selvatica. La bugia offre l’estro a mille vicende rappresentate  sulla scena: Goldoni intitola una sua commedia esplicitamente Il bugiardo. E un nostro commediografo del secolo scorso manda in scena La bugiarda – e si tratta solo di alcuni esempi!

Non si potrebbe vivere senza bugie. Guardiamoci intorno. Con che cosa tengono in attesa il nostro animo quei politici che si stringono la mano in apparente cordialità, o che ci promettono quel che sanno non avranno né possibilità né voglia di mantenere? Però ci crediamo. E questa, sì, la riconosciamo come una bugia da respingere assolutamente. Perché va bene illusi, ma stupidi?

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