Solo le passioni possono salvare il nostro tempo

di Antonio Errico

L’uomo sale sul podio. Davanti a lui la folla che aspetta il suo discorso. Alle sue spalle un tabellone con parole colorate. L’uomo dice: c’è una parola che mi è particolarmente cara e qui – indicando il tabellone- non c’è. La parola è passione. Poi l’uomo continua recitando per intero “Chi esita” di Bertolt Brecht.

E’ una scena di “Viva la libertà” di Roberto Andò, con Toni Servillo.

Vengono tempi che più di altri hanno bisogno di passione. Ne hanno bisogno in ogni contesto, in ogni situazione, da parte di tutti, da parte di ciascuno. Forse sono quei tempi in cui si fa più fitta la confusione, quando l’incertezza si acuisce, il passaggio da un’epoca ad un’altra appare talvolta così stretto da impedire il movimento, talvolta così ampio che si sente la vertigine anche soltanto a pensarlo. Forse sono quei tempi in cui l’orizzonte è grigio, ambiguo, indecifrabile, e il paesaggio che si vede intorno sembra disordinato e incolore, attraversato da sentieri che si sovrappongono, si biforcano in continuazione, si interrompono all’improvviso.

Qualche volta il tempo che attraversiamo sembra così. Per questo ha bisogno di passione, in ogni luogo in cui si fa qualcosa, per qualsiasi cosa che si faccia. Senza distinzione di importanza tra i compiti e le responsabilità di ognuno, tra le funzioni e le prospettive. E’ un tempo che ha bisogno di quelle passioni che danno ai paesaggi più colore, che se non diradano la fumea almeno dimostrano che la si può oltrepassare.

Forse questo è un tempo che ha bisogno di passione soprattutto per le piccole cose, perché le grandi sono sempre il risultato di una tramatura di cose piccole, ordinarie. Ha bisogno di passioni quotidiane, costanti, tenaci, di passioni personali e di passioni sociali.

Al di qua della soglia della passione c’è la mediocrità, il qualunquismo, il disimpegno, l’indifferenza, il mero adempimento con lo sguardo all’orologio, con il linguaggio smorto adorato dai logotecnocrati, con il pensiero ad altro. Al di qua della passione c’è la distrazione verso quello che si fa, verso il proprio impegno, e l’attrazione verso altro, verso l’inappartenente, verso le tante sirene che cantano ed attraggono con le loro promesse di apparente prodigio e sostanziale nullità.

Senza passione c’è il disinteresse, l’apatia, l’immobilità, l’abitudine, l’uggia

Ogni progresso ha avuto nella sua genesi una passione: a volte anche irrequieta. Ha avuto un desiderio di realizzare quello che non c’era o di migliorare quello che c’era, di condurre un’esperienza che andasse al di là dell’esistente.

Vengono tempi che hanno bisogno di passioni, dunque: di una disponibilità ad osare e forse anche di una disponibilità a quella sofferenza racchiusa nell’etimologia della parola. Forse i tempi che viviamo hanno questo bisogno, più o meno consapevole. Hanno bisogno di un pensiero che scantoni dai perimetri consueti, che vada in una direzione contraria rispetto a quella che si presenta come una direzione obbligata. Forse in questo tempo tutto ha bisogno di comportamenti che possano determinare nuovi esiti. Ne ha bisogno l’arte, la letteratura, l’economia, la formazione, l’ecologia. Se qualcosa potrà salvare quello che c’è da salvare, non sarà la bellezza, ma la passione, o, se si vuole, la bellezza della passione.

A volte si ha l’impressione che questa civiltà stia soltanto riproducendo forme e ripetendo formule acquisite, truccandole con le apparenti novità della tecnologia e del virtuale. La riproduzione e la ripetizione sono probabilmente il sintomo della mancanza di passione, di un disinteresse nei confronti della ricerca. Forse soltanto la scienza fa eccezione. Forse soltanto la scienza riesce ad andare oltre, a superarsi in continuazione, a rafforzare costantemente la tensione verso orizzonti audacemente immaginati. C’è chi non vede altra passione che questa. Eppure vorrebbe che altri gli dicessero che si sta sbagliando, che di passioni ce ne sono diverse, che gli facessero degli esempi a dimostrazione. C’è chi è convinto, invece, che le passioni esistano ancora, ma che hanno completamente cambiato la loro fisionomia per cui non si riesce più a riconoscerle. Forse chi è convinto di questo ha molta ragione. Nel corso del Novecento e di questi quasi vent’anni di secolo nuovo, di nuovo millennio, si è trasformato il mondo, in ogni suo aspetto, in ogni sua manifestazione ed espressione. Di conseguenza si è trasformato il rapporto che noi abbiamo con esso: si è trasformato nelle sue dimensioni profonde, nei sentimenti che proviamo nei confronti dell’esistenza. I significati delle storie e delle cose sono stati sottoposti a mutamenti sostanziali. Così anche le passioni, che fanno parte delle nostre dimensioni profonde, che sono sentimenti verso l’esistenza, si sono trasformate. Probabilmente anch’esse si sono fatte liquide, intermittenti, conformandosi alla friabilità dei fenomeni, alla loro discontinuità congenita. Così le passioni esistono ancora, certamente, ma si manifestano attraverso nuove espressioni che si potrebbero forse definire a struttura debole, finanche fragile. Si tratta di individuare e decodificare le nuove espressioni, dunque. Si tratta di comprenderne i significati essenziali, che sono forse un po’ vecchi e forse un po’ nuovi, per potersi appassionare. Cominciando dalle storie quotidiane, da quelle che ci sono prossime, che ci riguardano più di quelle lontane nel passato o nel futuro.

Vengono tempi in cui, come dice Brecht, non ci si può attendere risposte da nessuno se non da se stessi, che quindi hanno bisogno di passioni non eroiche ma normali. Ecco: passioni normali per quello che facciamo, per i nostri diritti e i nostri doveri, per quello che abbiamo intorno, per la sua bellezza, anche se a volte può sembrare che tutto sia sommerso dal nonsenso, dalla noncuranza, dalla malavoglia, dallo sconforto, dal disincanto, dalla smemoratezza. Proprio quando vengono tempi in cui tutto sembra oppure è veramente così, occorrono passioni che siano capaci di cambiare il modo in cui i tempi sembrano oppure veramente sono.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia, domenica 6 maggio 2018]

 

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