Ricordo di Raffaele Spongano

di Gianluca Virgilio

Il 26 novembre 2004 moriva a Bologna, alla bella età di cento anni compiuti, Raffaele Spongano, maestro di tre generazioni di letterati italiani. Non so se Emilio Pasquini e Vittorio Roda abbiano fatto in tempo (ahimè, forse no!) a consegnare nelle mani di Spongano il volume da loro curato e a lui dedicato Per i cento anni di un maestro. Scritti in onore di Raffaele Spongano (Bologna, Bononia University Press, 2004) contenente le testimonianze di “39 allievi, allievi di allievi, amici e studiosi…”. Le parole virgolettate sono tratte dalla Premessa (p. 9) di Paolo Viti ad un libretto aureo, come tutti i libri che contengono sinceri e fedeli ricordi, un libretto dal titolo Ricordo di Raffaele Spongano, Galatina, Congedo Editore, 2011, pp. 67; un piccolo libro voluto dal Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura dell’Università del Salento, nelle cui collana di Pubblicazioni esce col numero 40, che possiamo considerare come una propaggine del più corposo volume bolognese sopra citato.

Bologna e Lecce sono state le città di Spongano, la prima il luogo in cui lo studioso dispiegò perlopiù la sua attività universitaria come docente di Letteratura Italiana e, dal 1970, come direttore di una delle più importanti riviste di italianistica, “Studi e problemi di critica testuale” (ma egli presiedeva anche l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna e la Commissione per i Testi di lingua); l’altra è la città delle radici, il luogo della partenza (Spongano era nato a Cellino San Marco il 2 ottobre 1904), Lecce, la beneficiaria della feconda attività di organizzatore culturale che in Spongano si fondeva con la sua competenza di fine letterato umanista. Egli fu, infatti, uno “strenuo sostenitore della nascita dell’ateneo salentino nonché fondatore della Facoltà”, come ricorda Bruno Pellegrino nel suo Saluto (p. 16) agli intervenuti al Seminario organizzato il 18 marzo 2009 (data che nessuno si premura di indicare precisamente) presso la Sala Conferenze del Rettorato dal Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura dell’Università del Salento, a Lecce, a cinque anni dalla scomparsa di Spongano, di cui il volumetto riporta gli atti.

Tre gli scritti presenti in questo volume. Il primo si deve a colui che Emilio Pasquini definisce “il primo dei suoi allievi” (p.44), Mario Marti, Ricordo di Raffaele Spongano, che dà il titolo all’intero volume. Lo scritto di Marti è tutto giocato sul filo della memoria, come si addice a chi è in grado di ripercorrere vicende e fatti di settanta anni fa e più: “Correva infatti l’anno 1932, verosimilmente ai primi d’ottobre, quando egli [Spongano] entrò per la prima volta nella seconda classe del Liceo “Colonna” di Galatina, che io allora giovinetto frequentavo…” (p. 21). Il racconto di Marti, rientrante a pieno titolo, almeno in questo incipit, nel topos del “primo incontro”, è sapido e lucente come “la bella giornata di sole” degli studenti galatinesi scioperanti contro la insolita severità del docente, cui oppongono, come forma di lotta, “una scampagnata ai Bianchini” (p. 23). E poi il consiglio del giovane professore (se Marti aveva diciotto anni, Spongano doveva averne ventotto) che indirizza lo studente meritevole alla Scuola Normale Superiore di Pisa;  un consiglio che accompagnerà Marti anche negli anni della carriera universitaria, sino alla cattedra di Letteratura italiana della neonata Università di Lecce. Marti racconta la storia parallela della sua vita e di quella del suo Maestro, amico e collega, fino a quel 9 aprile 1981, quando l’Università leccese, essendo Rettore pro tempore lo stesso Marti, conferì a Spongano la laurea honoris causa (p. 29).

Belle memorie di una lunga vita vissuta all’insegna della lealtà e della fiducia reciproca, nel rispetto di valori condivisi, inscritti negli stessi libri letti, negli stessi autori amati e studiati, nel culto della civiltà letteraria italiana.

Segue uno scritto di Emilio Pasquini, Raffaele Spongano: “L’ombra sua torna, ch’era dipartita”, nel quale lo studioso ci parla “dell’uomo e dell’insegnante”, nonché del grande organizzatore culturale che fu Spongano. Ricordo che Pasquini è stato il successore di Spongano nella cattedra di Letteratura Italiana dell’Università di Bologna dal 1974 in poi e dal 2000 è direttore della rivista fondata da Spongano, la già ricordata “Studi e problemi di critica testuale”.

Il terzo e ultimo saggio presente nel volume è firmato da Giuseppe Antonio Camerino, Lo studio su Parini,  e prende in considerazione il primo lavoro critico di Spongano sul poeta lombardo, rifacimento della tesi di laurea, apparso nel 1933, del quale, a più di ottant’anni di distanza, si individuano limiti e punti di forza. Spiace che il titolo dello studio di Spongano, forse per una dimenticanza, non sia neppure citato. Si tratta de La poetica del sensismo e la poesia del Parini.

Un sempre utile Indice dei nomi di persona e di località chiude il volumetto, che si segnala per le care memorie che esso custodisce.

(2012)

 

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