La civiltà della lettura

di Gianluca Virgilio

A volte bisogna leggere la pagina finale di un libro per capirne la motivazione profonda. A me è accaduto con l’ultimo saggio di Antonio Errico, L’imperfetto lettore, Anima Mundi Edizioni, Otranto 2018, proprio mentre scorrevo le ultime parole che chiudono le annotazioni e ringraziamenti finali: “Ho il ricordo di un’immagine che per me ha un significato essenziale. Lecce. Porta Napoli, Piove. È febbraio. È mattina. Per terra un foglio di giornale. Lo guardo. C’è un pezzo mio. L’acqua scorre sul mio nome. La pioggia che scorre sulla scrittura e sul suo autore e si porta via scrittura e autore è un’immagine che mi piace.” (p. 108). Non si tratta di un piacere masochistico, quanto di una gradevole sensazione che accompagna sempre la scoperta di un’immagine vera, cioè rivelatrice di significati reali. Lo scrittore e la sua scrittura sono spazzati via  dall’incessante opera di corruzione e degradazione a cui tutto e tutti siamo esposti. L’immagine, se interrogata a dovere, dice anche che questo processo è già in atto e riguarda non solo il caso concreto raccontato da Errico, ma la sorte dell’intera letteratura come espressione di una civiltà antica che noi moderni abbiamo ereditato e che rischiamo di perdere a causa della nostra indifferenza, volti come siamo solo al presente, all’utile immediato, che la letteratura non può soddisfare. Credo che a questo cambiamento epocale si riferisca Errico quando parla dei “… libri che gli adulti stanno abbandonando.” (p. 88). Se è così, allora L’imperfetto lettore è una sana reazione al sentimento che ha prodotto l’immagine finale, scrittura e autore portati via dalla pioggia in un mattino di febbraio; una reazione ovvero un’opposizione determinata, analitica, incalzante, entusiastica, tutta tesa a indagare modi e forme della lettura e dell’approccio al libro da parte dei contemporanei, che si traduce, sul piano dello stile, nell’accumulo di definizioni, di aggettivi, sostantivi, ecc., destinati a coinvolgere il lettore, a persuaderlo. Per esempio, si legga la pagina dedicata all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto: “L’Orlando è un risplendente labirinto, è un delirio di caleidoscopio, ma soprattutto è un teatro dell’universo che mette in scena le guerre, gli amori, le follie, le avventure, gli incantesimi, i sogni ad occhi chiusi e aperti, le miserie, le fortune, le passioni, i deliri, i miraggi, gli abbagli, le avventure [sic], la realtà e l’immaginario, le verità e le finzioni, le visioni, le figurazioni, le trasfigurazioni. Un universo parallelo, incantato, incantante, di creature dall’esistenza straordinaria: [segue elenco dei personaggi ariosteschi]” (p. 81).

Bisogna convincere il lettore dell’importanza del libro e della lettura, bisogna salvare la civiltà della lettura dal degrado cui essa va incontro nella nostra società disattenta. L’entusiasmo di Errico, un entusiasmo tutto didattico, serve bene allo scopo.

Sebbene i libri siano esposti, come tutto ciò che vive, ad un progressivo annichilimento – e invece proprio per questo -, occorre leggere, leggere, se si vuole essere degni eredi di una civiltà letteraria che da Omero giunge fino ai nostri giorni. Scrive Errico: “Forse bisognerebbe leggere i libri giusti.

Ma quali possono essere i libri giusti, e poi giusti per chi, giusti per cosa. Chi potrebbe consigliare un libro giusto.” (p. 8). Errico sa bene che nessuna imposizione può essere inflitta al lettore, che un lettore privo di libertà è un non-lettore. L’editoria consumistica odierna mette sul mercato di tutto e di più, fino a disorientare il lettore, e sarebbe un facile gioco quello di chi elencasse i libri da salvare. Ed invece il lettore, qualunque lettore, deve rimanere libero di scegliere i suoi libri secondo un percorso unico e individuale, che coincide col percorso della sua vita. Così anche Errico, in questa meditazione sul libro e sulla lettura, cita gli autori e libri prediletti, che, messi insieme, formano la sua biblioteca, i libri da conservare per preservarne la lettura, da salvare dal disastroso diluvio della produzione libraria odierna e dall’inevitabile oblio: Pavese, Mann, Saint-Exupéry, Proust, Gozzano, Consolo, Vassalli, Màrquez, Calvino, Bradbury, Cervantes, Nabokov, Cassano, Shakespeare … chi potrebbe citarli tutti? Ogni libro un insegnamento, ogni libro un periodo della vita.

La scrittura di Errico si nutre di immagini. Ecco quella del bambino che nel treno, tra mille adulti piegati sul cellulare o sul tablet, legge un libro istoriato: “Penso che quando il bambino guarda fuori e sorride forse sta sognando qualcosa…” (p. 88): il sogno della letteratura.

Un giorno anche la biblioteca di Errico, la biblioteca della civiltà letteraria, come quella di ciascuno di noi, andrà dispersa. Ma se un bambino, su indicazione di una maestra intelligente, continuerà a leggere una bella storia raccontata in un libro colorato e pieno di immagini, e poi da grande se ne ricorderà, e la rileggerà in un volume meno colorato ma forse meglio curato, allora questo vorrà dire che la pioggia non avrà portato via per sempre le parole dell’uomo perché gli adulti finalmente avranno ricominciato a leggere.

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