Che bel popolo gli Italieni!

di Paolo Vincenti

Italiani forever

La sindrome di San Matteo. Il Pd ha subito una sonora sconfitta alle scorse elezioni, e questa ormai è storia. Il brutto the day after del partito lo vede ridotto ai minimi termini. “Renzi uccide un Pd morto”, scriveva “Il Fatto Quotidiano” all’indomani del 4 marzo 2018, alludendo alle dimissioni farsa dell’allora segretario, che hanno aperto, ancor più della sconfitta, la notte dei lunghi coltelli all’interno del partito, che si concluderà soltanto quando si rinnoveranno le cariche. Quella che ha lasciato il Pd, dopo cinque anni di governo, è un’Italia certamente peggiore di quella che aveva preso in consegna. Il debito pubblico enorme, un’ondata massiccia e incontrollata di immigrazione che ha dato alla gente la percezione di una vera  e propria invasione. La produzione industriale precipitata, gli investimenti crollati, la povertà assoluta raddoppiata, e se queste piaghe non sono attribuibili al Governo del Pd, è anche certo che non sia riuscito a sanarle, vedi il fallimentare Job Act, anzi che abbia contribuito ad allargarle. Mancanza di lavoro e precarietà hanno creato un malcontento diffuso che ha portato la gente a votare i partiti anti-sistema, ossia i populisti. Il problema è che in Italia si è creato un divario sempre più netto fra poveri e ricchi, una sperequazione enorme fra chi è debole, che lo diventa sempre più, e chi è forte, che va maggiormente rafforzandosi. Il fenomeno si chiama “Effetto San Matteo”, come indica il sociologo Franco Cassano sulle pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno” (8 marzo 2018). Il nome deriva dal versetto 25, 29 del Vangelo di Matteo che recita: “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.”  Si è aperta ancora di più la frattura fra il Nord e il Sud. E se questo divario che vive il Paese è il portato delle politiche messe in campo da Matteo Renzi, la gente ha pensato di affidarsi a Matteo Salvini per colmarlo. Bizzarro  che il primo Matteo, che ha diviso il Paese, sia in realtà un centralista ed europeista, mentre il Matteo che ora dovrebbe unire fosse, fino a poco tempo fa, indipendentista e secessionista.

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