Di mestiere faccio il linguista 11. Se la cultura fa audience grazie a Dante

Torniamo a «Dante 2021», che a ragione esalta un personaggio al vertice della cultura europea, come ha sancito un’inchiesta di alcuni anni fa tra 28 università europee che colloca ai primi posti Dante, Goethe, Shakespeare, Tolstoj, Cervantes, Dostoevskij. A dispetto della apparenze che potrebbero far pensare a una data lontana, il 2021 è ormai alle porte: i tempi della filologia e della linguistica non coincidono con quelli della cronaca, da oggi fino a quella scadenza saranno molte, in Italia e nel mondo, le iniziative rivolte a studiare e celebrare l’opera dantesca. Si pone un problema non da poco. Le imprese di carattere specialistico e rigorosamente scientifico sono importantissime, anzi necessarie, su quelle si misura il progresso; ma da sole non bastano. Bisogna coinvolgere un pubblico più vasto: a questo può mirare una divulgazione intelligente, che diffonda idee corrette senza annoiare.

Quello di Ravenna è un festival vivace e poco accademico, ben organizzato e diretto da Domenico De Martino, dell’Accademia della Crusca. Vi partecipano studiosi di varia estrazione (filologi, linguisti, letterati, storici, storici dell’arte) ma è sistematicamente aperto a personaggi di formazione diversissima: uomini di teatro e di cinema, giornalisti, conduttori radiofonici e televisivi. L’edizione di quest’anno si intitola  «A piè del vero il dubbio» e trae spunto da un verso della Divina Commedia (Paradiso IV 131): vuol dire che dalla radice della verità può spuntare il dubbio, il dubbio può essere un germoglio di verità più complesse. Insomma: un invito a non accontentarsi dei dati acquisiti, una sollecitazione a mirare sempre più in alto con l’ elaborazione concettuale e del pensiero. Gli atti delle relazioni, degli incontri, dei dibattiti vengono pubblicati dall’editore Longo, un salentino che da decenni lavora a Ravenna e non ha interrotto il rapporto ideale e affettuoso con la terra d’origine (lo so, me lo ha scritto qualche tempo fa).

Nella sera dell’ultima giornata, nel teatro «Alighieri» (così intitolato, ovviamente) della città, sono stati assegnati due premi. Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, studioso eccellente, noto al pubblico televisivo per la trasmissione «Pronto soccorso linguistico» all’interno del contenitore  «Uno mattina in famiglia» che va in onda tutte le domeniche, ha ricevuto il premio «Dante-Ravenna». Luca Barbarossa, cantautore di grande successo, ha ricevuto il premio «Musica e parole».  Intervistato da Lorenzo Tomasin (università di Losanna), Sabatini ha trattato alcuni temi fondamentali della odierna questione della lingua: lo stato della lingua italiana nell’epoca della globalizzazione e il rapporto tra la nostra e le altre lingue, la modernità delle idee dantesche nel rivendicare l’appartenenza del linguaggio alla sola specie umana (con le implicazioni etiche e politiche che ne derivano), il rilievo assegnato al linguaggio e al costituirsi di una nazione (con i connessi valori di cittadinanza), fino al ruolo decisivo che la Divina Commedia ha avuto nel processo di costituzione dell’italiano come lingua nazionale di cultura. Introdotto da una presentazione di Giovanna Frosini (università per Stranieri di Siena), Luca Barbarossa ha raccontato il suo modo intimistico e delicato di percepire il mondo, la vena a volte nostalgica e dolorosa a volte ironica da cui sono nate, fin dai primi anni Ottanta, tante canzoni famose da lui interpretate direttamente o composte per altri artisti come Morandi, Mannoia e Pavarotti; «è difficile concentrare nei 3 minuti e mezzo di una canzone le parole giuste per esprimere uno stato d’animo, un sentimento o una situazione, l’efficacia della comunicazione decide il successo o l’insuccesso», ha sottolineato prima di eseguire alcuni dei suoi pezzi più belli: «Portami a ballare», «via Margutta» ed altri.

I presenti in sala erano attentissimi e ammirati, l’incontro ha riscosso un favore enorme, in ogni momento. Conclusione. Si può fare cultura in forma garbata e divertente, spettacolo non è solo quello schizofrenico di «L’isola dei famosi» o «Il Grande Fratello» (dove i protagonisti fingono di essere spontanei sapendo di essere costantemente osservati), non è vero che la gente accorre in massa solo alle sagre gastronomiche.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 25 settembre 2016]

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