Alcune criticità del progetto di regionalizzazione della formazione

di Guglielmo Forges Davanzati

Il settore della formazione in Italia (scuola e Università) è il settore della pubblica amministrazione al quale è stato somministrato il maggior numero di ‘riforme’ negli ultimi venti anni. Da ultima, la riforma della regionalizzazione dell’istruzione, ovvero la formalizzazione dell’esistenza di sedi universitarie di serie A e sedi universitarie di tipo B. Come è stato osservato, e con riferimento alle università, non è difficile immaginare che stando ai parametri considerati e agli accertamenti già effettuati dall’agenzia nazionale di valutazione della ricerca (ANVUR), che le sedi di tipo A saranno tutte o quasi localizzate a Nord.

Fra i parametri utilizzati per differenziare le sedi, oltre a quelli relativi alla ricerca, si considerano, in particolare:

a) il tasso di occupazione dei laureati triennali [secondo la definizione ISTAT (Forza Lavoro) e al netto di coloro che sono iscritti ai corsi di laurea magistrale], a 12 mesi dal conseguimento del titolo non inferiore al 50%;

b) il tasso di occupazione dei laureati magistrali [secondo la definizione ISTAT (Forza Lavoro)], almeno pari al 50% a 12 mesi dal conseguimento del titolo, ovvero al 70% a 36 mesi dal conseguimento del titolo.

Poiché è evidente che le sedi universitarie non possono modificare la struttura produttiva nella quale sono localizzate, e poiché nel Mezzogiorno la domanda di lavoro è prevalentemente rivolta a individui con basso titolo di studio, è conseguentemente evidente che la selezione di questi parametri è costruita per porre in serie B le sedi universitarie del Sud (il che significa ulteriore decurtazione di fondi alle Università meridionali).

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