Di mestiere faccio il linguista 18. Grafia e pronuncia: il semaforo dell’ortografia

di Rosario Coluccia

Questa settimana rispondo a sollecitazioni o domande dei lettori che scrivono al giornale. Non a tutte posso rispondere adesso, ne scelgo una, altre verranno nelle prossime occasioni. Rispetterò sempre la volontà di chi scrive indicando o omettendo, caso per caso, il nome del mittente. Il nome di chi scrive comunque deve essere sempre indicato nella lettera, i messaggi vanno firmati, non si potrà tener conto di scritti anonimi.

Lino Baldi racconta un divertente episodio accaduto molti anni fa a Foggia, dove il padre, ex carabiniere, svolgeva il suo servizio. Nella cappella della caserma, su un altarino, era collocata la statua della protettrice dell’Arma, la vergine «Virgo Fidelis». Un imbianchino, su indicazione del cappellano militare, doveva scrivere sulla parete retrostante la statua mariana la dicitura latina «Ave Maria Gratia Plena». Quando ebbe finito un carabiniere che passò e vide la scritta corse subito a richiamare l’imbianchino esortandolo a modificare il testo perché aveva scritto gratia e non grazia, con «t» e non con «z». Quindi per lui aveva sbagliato. Il raccontino è reale e non c’è in Baldi alcuna voglia di irridere il solerte rappresentante del benemerito corpo dello Stato. Ma serve a introdurre la domanda. Perché si scrive in un modo e si legge in un altro? La questione non vale solo per il latino. Fa altri esempi. Perché in francese si scrive oiseau ‘uccello’ e si legge «uasò»? Perché il nome proprio inglese Philip si pronunzia «Filip»? Chiede, in generale. Cosa è successo alle lingue, perché si scrivono in un modo ma si leggono in un altro?

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