La necessità di una riforma fiscale per rilanciare la crescita

di Guglielmo Forges Davanzati

Circolano varie ipotesi in merito all’aumento delle imposte per evitare il temuto aumento dell’IVA, a seguito dell’applicazione delle clausole di salvaguardia. Ben venga il fatto che questo Governo non intende riproporre la proposta leghista della flat tax, imposta per sua natura regressiva e che, se applicata, avrebbe danneggiato le famiglie a più basso reddito (essendo concepita come imposta unica, avrebbe fatto pagare ai più poveri – in termini percentuali – quanto pagano i più ricchi) e avrebbe ampliato i divari regionali.

Date le condizioni nelle quali versa l’economia italiana, con un tasso di crescita previsto per fine 2019 allo 0%, occorrerebbe modulare la ripartizione dell’onere fiscale in modo tale da riuscire, almeno in parte, a conseguire due obiettivi, peraltro correlati: ridurre le crescenti diseguaglianze distributive e provare a frenare il drammatico declino del tasso di crescita della produttività del lavoro.

Per quanto attiene al primo aspetto, occorrerebbe rivedere l’attuale struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), rendendola sempre più progressiva, ovvero facendo pagare alle famiglie con più alto reddito aliquote percentuali più alte rispetto a quelle applicate per le famiglie con più basso reddito. Vi è ampia evidenza empirica in merito al fatto che la riduzione delle diseguaglianze distributive (prima e dopo la tassazione) e delle diseguaglianze derivanti dalla trasmissione dei patrimoni è un fattore di crescita. Ciò fondamentalmente a ragione del fatto che la riduzione delle diseguaglianze stimola i consumi, avendo i percettori di redditi bassi una propensione al consumo più alta dei percettori di redditi più elevati. Inoltre, l’aumento del reddito netto delle famiglie più povere consente loro maggiori consumi non finanziati da indebitamento: fattore che contribuisce a stimolare la domanda interna senza la ‘droga’ del credito al consumo. A ciò si può aggiungere l’effetto per il quale l’aumento dei consumi, accrescendo i mercati di sbocco, stimola la crescita dimensionale delle imprese. E imprese di più grandi dimensioni, come diffusamente certificato sul piano empirico, sono, nella gran parte dei casi, le imprese che fanno registrare il più alto tasso di crescita della produttività del lavoro.

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