La fòcara di Santa Lucia

di Franco Melissano

– Ragazzi, quest’anno sarà durissima – disse Rocco alla riunione convocata sul fondo incolto dal quale venivano sparati i fuochi artificiali per la festa del santo patrono. – Tre famiglie con un sacco di figli maschi si sono trasferite nel rione Casenove. Non lo so se possiamo farcela.

         Per qualche istante non fiatò nessuno. A me quel breve silenzio sembrò durare un’eternità. Era come se una cappa di scoramento e di rassegnazione fosse calata di colpo sul fondo, togliendoci il respiro.

Tutti sapevamo che Rocco, capo storico del rione Cornularu, aveva ragione. Ognuno in cuor suo presagiva, dopo tanti anni di ininterrotte vittorie, l’amarezza e l’onta dell’inevitabile sconfitta che prima o poi doveva pure arrivare. E già ci sembrava di sentire i lazzi e gli sfottò dei casenovesi. Ma nessuno osava dire una parola.

Poi Nino, col tono spavaldo di chi vuole esorcizzare una disgrazia, disse:

– Beh? E allora? Rimbocchiamoci le maniche e cominciamo la raccolta in anticipo. Possiamo iniziare anche domani stesso. E, se ci diamo da fare con tutte le nostre forze, io sono sicuro che vinceremo di nuovo.

Nino era uno dei più grandi e, comunque, il più forte e muscoloso di tutti i ragazzi del rione. Era ovvio che puntasse sulla prestanza fisica per risolvere il problema; ma non era così semplice come voleva lasciar intendere lui.

L’inizio anticipato della raccolta non sarebbe passato inosservato e avrebbe spinto i nostri competitori più agguerriti a fare altrettanto. Gli altri due rioni del paese erano sempre fuori gioco e non preoccupavano nessuno.

Non avevamo nemmeno finito di ammucchiare quattro ramaglie nel solito spiazzo davanti all’edicola sacra di Santa Lucia che piombò sul posto Totò, pedalando a tutta birra sulla sua vecchia Bianchi con freno modificato a pedale.

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