Il progresso ha bisogno di fantasia

Si diceva, dunque, che fino ad un certo punto, Rodari è stato confinato nella sottocategoria di scrittore per bambini. Ma basterebbe una sola poesia – per bambini – a far capire che la collocazione è completamente falsa. Si intitola “Il dittatore” e dice così: “Un punto piccoletto,/superbo e iracondo,/“Dopo di me” gridava/“verrà la fine del mondo!”./Le parole protestarono:/“Ma che grilli ha pel capo?/Si crede un Punto-e-basta,/e non è che un Punto-e-a-capo”.Tutto solo a mezza pagina/lo piantarono in asso/e il mondo continuò/una riga più in basso”. Certo, Rodari si riferiva al punto fermo, ma l’allusione richiamava la Storia.

Giocava con le parole, Rodari. Ma il gioco si costituiva come rappresentazione delle situazioni sociali, come metodo di comprensione delle ragioni e delle modalità con cui accadono i fatti, di come si combinano e si scombinano, dell’ordine e del disordine, della costruzione e della decostruzione, della composizione, scomposizione, ricomposizione. Il gioco con le parole voleva significare che non succede mai nulla per caso, che le strutture di tutto e tutti gli eventi derivano esclusivamente dalla nostra volontà e dalla nostra fantasia.

Gianni Rodari è stato l’ideologo della fantasia, intesa come metodo di sviluppo del pensiero. Non fuga dalla realtà, ma ipotesi di trasformazione della realtà. Non fantasticheria, ma condizione indispensabile per la elaborazione di un progetto. Non espressione senza radice e senza finalità, ma delineazione di un percorso che cominciando dall’esistente si conclude con la realizzazione di quello che manca.    

Allora, forse dovremmo domandarci se nel tempo che viviamo, quell’ideologia della fantasia di Gianni Rodari possa avere una funzione sia a livello individuale che a livello sociale. Forse dovremmo domandarci se in questo tempo servono ipotesi di trasformazione della realtà, progetti che intendano sviluppare l’esistente, realizzare quello che manca. Dovremmo domandarci se a questo tempo serve una concreta fantasia: quella capace di immaginare il possibile, di rideterminare la realtà, di attribuire significati nuovi o rinnovati ai fenomeni e alle storie.

Una volta, durante un’intervista, Giorgio Manganelli disse che non c’è nessun motivo per considerare la fantasia come una cosa indipendente dalla realtà; la fantasia è inclusa nella realtà.

Lasciando, ovviamente, alle sfere dell’arte e all’opera degli artisti l’espressione di una fantasia senza relazione con la realtà, probabilmente potremmo dire che questo tempo ha bisogno, da parte di tutti, di una fantasia compatibile e compenetrabile con la realtà: che da questa derivi ed a questa ritorni. Far agire la  fantasia dovrebbe significare, appunto, rimodulare e rimodellare la realtà, renderla più coerente con il benessere di tutti e di ciascuno, formulare ipotesi di progresso e poi verificare la realizzabilità di quelle ipotesi. Con molta ingenuità si potrebbe anche pensare, per esempio, che con la fantasia si possa evitare una guerra, in quanto una guerra è generata dall’incapacità di immaginare un reale diverso da quello che è, di ipotizzare soluzioni diverse, di provocare l’incontro di contrastanti verità in modo da creare una nuova verità che concili gli opposti. Ancora per esempio e con la stessa ingenuità, si potrebbe fantasticare di far arrivare l’acqua in quelle parti del mondo dove l’acqua non c’è, di costruire case, ospedali, scuole, dove c’è bisogno che siano costruiti, di contenere l’inquinamento dell’acqua e dell’aria, di evitare la carbonizzazione delle foreste, di arginare lo squagliamento dei ghiacciai.

Forse questo tempo ha bisogno proprio di una concreta fantasia, che si trasformi in progetto e poi in costruzione.

In fondo abbiamo dimostrato di esserne capaci. Se siamo riusciti ad arrivare sulla Luna e anche da qualche altra parte dell’universo più lontana, è stato per il fatto che abbiamo avuto fantasia. Quindi si può avere fantasia che serva anche a qualche posto più vicino, che, peraltro, comporta anche meno tempo e meno spesa.

“È difficile fare/ le cose difficili:/ parlare al sordo / mostrare la rosa al cieco. / Bambini, imparate / a fare le cose difficili: / dare la mano al cieco, / cantare per il sordo”.

Così parlò Rodari Giovanni, in arte Gianni.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 12 gennaio 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Letteratura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *