Itali-e-ni 39. Da Dylan alla Terra desolata

di Paolo Vincenti

“Gira gira gira e va

come un punto di domanda e non si sa quando si fermerà

la volta buona

gira gira e resterà

per un attimo soltanto poi all’improvviso sparirà

la vota buona

che cambierà la vita

la volta buona

sarà la via d’uscita

la volta buona

sarà il cambio di scena

sarà la volta buona”

(“La volta buona”  – Max Pezzali)

Oh, where have you been, my blue-eyed son? / Oh, where have you been, my darling young one? / I’ve stumbled on the side of twelve misty mountains, / I’ve walked and I’ve crawled on six crooked highways, / I’ve stepped in the middle of seven sad forests, / I’ve been out in front of a dozen dead oceans, / I’ve been ten thousand miles in the mouth of a graveyard, / And it’s a hard, and it’s a hard, it’s a hard, and it’s a hard, / And it’s a hard rain’s a-gonna fall. (Bob Dylan)

Certi giorni, davvero tutto si tiene, come diceva il linguista de Saussure, padre dello Strutturalismo, con riferimento alla lingua intesa come sistema che va studiato sincronicamente, nel tempo in cui essa è data. E tutto si tiene, come dice anche Kafka nel Processo, cioè si intreccia, si lega insieme. Qualche giorno fa, sfogliando i giornali, pensavo amaramente, di fronte ai dati impietosi delle statistiche che danno la povertà in forte aumento in Italia, così come la mancanza di lavoro, che costringe tantissimi giovani ad espatriare, che questa sta diventando davvero una terra desolata, un arido deserto quanto ad occasioni e possibilità di sviluppo. Mentre lo pensavo, mi sono ricordato di un’opera di T.S. Eliot che avevo in animo di rileggere dopo molti anni, il libro The wast land. Per questo probabilmente, in un momento imprecisato, l’avrò tirato fuori dalla mia polverosa libreria e collocato sulla scrivania. Con il passare dei giorni però, sarà finito impilato sotto gli altri libri che vi si accatastano quotidianamente e non ci ho fatto più caso. Fino all’altro giorno, appunto, quando il classico colpo d’occhio era schioccato sul libro in parola. Siccome The wast land non è esattamente un livre de chevet ma richiede un grosso impegno nella lettura, aspettavo il momento opportuno per dedicarmici. Avendo il pomeriggio libero dal lavoro, ho deciso che fosse “la volta buona”, non quella di Renzi, preceduta dall’urticante hashtag, e nemmeno quella della mielosa canzone di Alessandra Amoroso, ma quella della canzone, un po’ più vecchia, di Max Pezzali.  Intanto, la tv in soggiorno pigramente ronzava.

And the riot squad they’re restless / They need somewhere to go / As Lady and I look out tonight / From Desolation Row” (B.D.)

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