Tra gli uomini scimmia e i pipistrelli. Leggere e rileggere

Proprio l’episodio conclusivo di questo paleo romanzo appare in singolare coincidenza con quanto di tragico abbiamo visto accadere in questi mesi. Il patriarca dell’orda primitiva, colui che con la sua mente aperta alla curiosità, aveva scoperto il modo di addomesticare il fuoco, e portato i suoi .… congiunti sulla via dell’incivilimento, era ormai vecchio: la sua voglia di progresso per l’Umanità lo spingeva a comunicare la scoperta anche alle orde concorrenti, ma i discendenti erano fortemente contrari e discutevano come impedirglielo in questi termini: “…Ma ormai è vecchio: Non avrebbe molto da vivere lo stesso. Dovrebbe essere in pensione da un pezzo, ma sai anche tu come è fatto… penso che in questa maniera per lui sarà meglio. Così sarà più felice, nei celesti terreni di caccia. Lì potrà giocare con arco e frecce! …Certo non perderà molto…per quei pochi anni che gli restano da vivere in questo mondo. Ha le vene varicose…dolori terribili”. Così in breve tempo una freccia difettosa, o storta o priva delle penne, lo aveva colpito, ma solo per sbaglio! proprio mentre il vecchio proponeva l’ennesima invenzione, facendolo cadere senza un lamento. Proprio come nel recente articolo di Houellebecq sulla “morte mai tanto discreta come in queste settimane. La gente muore in solitudine nelle stanze di ospedale e delle case di riposo, viene seppellita immediatamente (o incenerita? La cremazione è più nello spirito del tempo), senza invitare nessuno, in segreto”. E poi le domande sull’età: fino a quando vanno rianimati e curati? 70, 75, 80 anni? “…mai prima d’ora avevamo espresso con una sfrontatezza così tranquilla il fatto che la vita di tutti non ha lo stesso valore; che a partire da una certa età, è un po’ come se si fosse già morti”. Un ritorno al Pleistocene?

E poi l’altro romanzo della Morante, “Aracoeli”, con l’incubo ricorrente del pipistrello, oggi di pressante attualità, con i suoi risvolti gastronomici, come per i nostri amici del Paleolitico, sempre alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, al momento di colonizzare una nuova caverna e di adattarne a dormitorio uno dei cunicoli: “Naturalmente è pieno di pipistrelli, ma si fa in fretta a liberarsene. Puzzano un po’, però sono molto nutrienti.”.

Un vero incubo nel testo della Morante, in singolare corrispondenza con quello che oggi questo innocente animale porta all’immaginario collettivo, come causa inconsapevole di un virus della cui potenza distruttiva soltanto l’uomo è responsabile. “E con orrore si rende conto che quella è la sua propria ombra: ossia l’ombra di un pipistrello, perché tale adesso è lui, naturalmente. Difatti, un pipistrello non è altro, appunto, che un topo con le ali… Il suo spazio non è il giorno, ma la notte; e nessuna creatura diurna l’accompagna. La sua laidezza lugubre fa schifo e paura, e tutti, al suo passaggio, scappano, come a una disgrazia…Mi vedevo ingaggiare una lotta disperata con quell’essere dalle braccia membranose, enormi e nere.” Come ne “La Storia”, anche in questo romanzo il protagonista è un ragazzo, debole e pieno di problemi, oppresso da una madre, amatissima e complicata, e affidato alle cure del giovane attendente del padre, alto ufficiale di Marina. Il candido militare, proveniente dalla campagna, tenta di riportare il ragazzo alla realtà, per fargli superare il terrore del sogno, spiegandogli pazientemente che “il pipistrello non è di sostanza buona, per mangiarselo. E nemmeno è pericoloso, anzi caccia gli insetti, che guastano le campagne. Conviene, dunque, lasciarlo campare in pace e libertà”.

Un consiglio ancor oggi di grande saggezza e attuale in un momento in cui la natura, di continuo violentata dall’uomo, chiede soltanto di essere lasciata “in pace e libertà”.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 16 maggio 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Pandemia Covid-19, Prosa e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *