La Scuola di Archeologia Lecce. Il contesto storico e culturale della sua istituzione

Sembrava davvero che nulla si potesse muovere, ma per me era una sfida, convinto com’ero delle potenzialità della ricerca archeologica. Sono stato fortunato perché, nel 1974 trovai un settore di archeologia, con Adamesteanu (a Lui è intitolata oggi la Scuola a testimoniare il debito di riconoscenza nei suoi riguardi) e Stazio in particolare, e, tra i giovani Mimmo Pagliara e Giuliano Cremonesi, che volevano valorizzare scientificamente un settore, di fatto, imbrigliato tra studi tipologici sulle trozzelle e linguistici sulle iscrizioni che numerose il sottosuolo salentino aveva restituito, ma che non era in grado di acquisire gli strumenti dell’archeologia contestuale e stratigrafica. Fu attivata, pur con qualche resistenza di altri settori, la Convenzione tra la nostra Università e l’Ecole francaise di Roma, con Georges Vallet, la Scuola Normale di Pisa dove insegnava storia greca Giuseppe Nenci. Bisogna riconoscere che senza quella scelta strategica forse le vicende dell’archeologia a Lecce sarebbero andate diversamente e non si sarebbe creata quella massa critica di reali esperienze di ricerca indispensabile a sostenere la proposta di creare la Scuola di Specializzazione di Archeologia. Infatti con la Convenzione iniziarono attività sistematiche di scavo, che poterono contare ogni anno sul finanziamento assicurato dall’Università di Lecce e dagli altri contraenti. Era Pagliara a proporre i siti di scavo, grazie alla sua caparbia volontà di operare nel suo amato Salento ed alla capillare conoscenza degli amministratori locali: prima Leuca, la grotta Porcinara, poi Ugento, con l’impianto portuale di Torre S. Giovanni, proiezione sulla costa del centro messapico dominante, infine Cavallino. In questo sito fondamentale dell’archeologia messapica, caro al Duca Sigismondo Castromediano, si erano sviluppate campagne di scavo tra il 1964 e 1967, dirette da Paolo Enrico Arias e Giuseppe Nenci, con l’obiettivo di studiare un abitato arcaico della Messapia, avviando quella lettura contestuale che fu sviluppata nei decenni successivi, ampliando altresì la prospettiva multidisciplinare. Ora era possibile riprendere le attività in una prospettiva che superasse per i contesti messapici lo schema trozzelle-iscrizioni, lavorando in equipe. Il Progetto si andò ampliando ad altre Istituzioni straniere che chiedevano di partecipare, insieme a noi, e arrivarono Renè van Compernolle dall’Università di Bruxelles, Douwe Yntema dalla Libera Università di Amsterdam, con il progetto di indagine ad Oria, a seguito delle scoperte del santuario di Demetra e Kore a Monte Papalucio, quindi David Whitehouse e la British School di Roma per Otranto, Jean Paul Descoeudres e Ted Robinson dall’Università di Sydney in Australia. Davvero stavamo riproponendo lo schema che Dinu Adamesteanu aveva adottato con successo in Basilicata e i risultati erano evidenti anche nell’impegno alle pubblicazioni: nel ’78 iniziava la serie monografica delle pubblicazioni di Lecce con il volume dedicato agli scavi di Leuca e nel 1980, in concomitanza con la fondazione della Scuola, la serie “Studi di Antichità” con una redazione di archeologi e storici come Elio Lo Cascio; serie che avrebbero ospitato molti contributi degli allievi della Scuola.

Allo stesso tempo si ponevano le condizioni affinchè si sviluppassero, dall’originario Laboratorio di Archeologia, praticamente dedicato alla Preistoria, anche un Laboratorio di Archeologia Classica ed attività specifiche che ponessero le condizioni per realizzare i Laboratori di Bioarcheologia (lezioni e conferenze di Lanfredo Castelletti del Museo di Como).

Il primo decennio dalla fondazione 1980-1990

Queste attività avevano posto l’archeologia tra i settori alle quali sia il Governo dell’Università, sia le diverse Amministrazioni locali guardavano con favore, riconoscendone una funzione di rinnovamento metodologico e di reale impatto sullo sviluppo culturale e anche economico del Salento. Intanto Cosimo Damiano Fonseca, come me tornato in patria dalla Università Cattolica di Milano, era diventato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia; a lui si deve il merito di aver raccolto queste istanze e proposto la creazione della Scuola di Specializzazione in Archeologia che fu istituita con Decreto del Presidente della Repubblica del 20 luglio 1979 e potè iniziare i suoi corsi il 6 febbraio 1980, con la prolusione di Giovanni Pugliese Carratelli, dell’Accademia dei Lincei, che tenne una lezione dal titolo significativo “Storia e realtà archeologica”. Primo Direttore fu Fonseca sino al 1984, quindi Dinu Adamesteanu sino al 1988 e chi scrive negli anni successivi. La sede della segreteria era nell’edificio del Rettorato a Porta Napoli ma le attività si svolgevano nell’edificio detto Palazzo Casto al di là dell’obelisco di Ferdinando, al pianterreno (oggi si trova un “pub” specializzato in “hamburger”), dove erano situate anche le aule, la sede del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, oltre che i Laboratori ed i depositi degli scavi archeologici dell’Istituto. Una sede modesta, priva di qualsiasi pretesa accademica, presa in fitto dall’Ateneo per venire incontro alle esigenze del settore operativo di Archeologia, ma si respirava un desiderio comune di far crescere una realtà che poteva rendere più attrattiva l’offerta didattica. Nei primi anni la Scuola potè contare su docenti di altissimo livello:i protagonisti della Convenzione con la Scuola Normale di Pisa e con l’Ecole francaise di Roma furono gli attori principali della didattica affinchè la Scuola partisse con il piede giusto e questo rappresentò ulteriore elemento di prestigio e di attrazione di allievi. Dall’Ecole francaise vennero Georges Vallet e Michel Gras a insegnare Archeologia della Magna Grecia e della Sicilia, dalla Normale di Pisa Salvatore Settis per l’Archeologia romana, Giuseppe Nenci per la Storia greca, poi gli amici di Adamesteanu: Mario Coppa per Topografia Italia Antica, Piero Orlandini per Archeologia greca, Alastair Small per Metodologia dello scavo archeologico. Per l’indirizzo medievale Gioia Bertelli insegnò Storia medievale ed anche il mio amato maestro Michelangelo Cagiano de Azevedo venne a dare lezioni di Archeologia medievale.

Intanto si aprivano nuovi cantieri in quegli anni e si rafforzava la dimensione internazionale con la partecipazione sempre più intensa da Lecce, alla Missione Archeologica Italiana a Hierapolis, che apriva le relazioni con i colleghi turchi, che ebbe nel 1990 un momento alto nel conferimento della Laurea Honoris causa al padre dell’Archeologia anatolica, Ekrem Akurgal.

Lo sviluppo dei cantieri nel Salento potè incrementarsi nel primo decennio dalla fondazione della Scuola e i cantieri divennero Laboratori all’aperto della nostra Scuola dove si formarono tanti giovani che oggi ricoprono ruoli importanti sia nel Ministero dei Beni Culturali che nelle Università. Nell’ambito della Convenzione si avviò il progetto su Vaste, insieme a Jean Luc Lamboley, che permise di conoscere nel suo sviluppo insediativo un abitato messapico del IV sec.a.C., a fare da significativo riscontro a quello che Cavallino aveva rappresentato per il periodo arcaico.

Nello stesso periodo Cosimo Pagliara aveva scoperto lo straordinario complesso epigrafico della Grotta della Poesia a Roca, dando inizio agli scavi sistematici di un insediamento che ha fornito novità decisive per comprendere l’età del Bronzo in Italia meridionale e il commercio miceneo in Occidente.

Queste scoperte suscitarono un interesse sulle attività di ricerca in cui la Scuola aveva giocato un ruolo così significativo tanto da spingere il Comitato dei Convegni di studio di Taranto ad organizzare nel 1990 il Convegno dedicato ai Messapi, l’unico tra i popoli dell’Italia antica ad essere oggetto di un incontro specifico ad essi dedicato, insieme alla Mostra al Museo Castromediano. Quanta strada da quella lontana pessimistica affermazione di Oronzo Parlangeli!!!

I viaggi

Un momento importante di crescita e di esperienza comune di allievi e docenti, accanto ai lavori sui cantieri di scavo, furono per la nostra Scuola i viaggi; il primo fu particolarmente significativo, in Sicilia nel 1981. Erano organizzati come Seminari all’aperto, punto di arrivo del percorso di studio monografico dell’Anno, in cui gli allievi avevano il compito di presentare i diversi siti dell’Itinerario, che diventavano oggetto di discussione e di approfondimento.

L’insieme di queste attività aveva dotato la Scuola di notevole capacità attrattiva se, come risulta dall’opuscolo pubblicato nel 2010, per i trent’anni della Scuola, il numero degli allievi provenienti da altre Università rappresentavano l’80% di quelli dell’Università di Lecce. In gran parte dalla Campania e dalla Sicilia, in particolare voglio ricordare gli allievi provenienti dall’Università di Messina che hanno costituito una vera colonia messinese (tanti nomi, per tutti, Katia Mannino che ora insegna presso la Scuola e Lorenzo Campagna docente a Messina). Al giungere di allievi anche dalle Università del Nord aveva contribuito la richiesta, sostenuta dal Presidente del CUN Consiglio Universitario Nazionale, e del Comitato di Settore Consiglio Beni Culturali, Giorgio Gullini, alla metà degli anni ’80, peraltro non supportata da un dispositivo di legge, di chiudere autonomamente le Scuole di Specializzazione in Italia, in attesa di una Riforma. Tutte le Università italiane avevano prontamente ottemperato alla disposizione, tranne Lecce che per qualche anno, sino all’approvazione dello statuto per il riordino delle Scuole di Specializzazione in Archeologia (D.R.13 maggio 1991), era l’unica Scuola attiva sul territorio nazionale, con il risultato che si iscrivevano numerosi studenti anche provenienti dalle Università del Nord. Furono anni di crescita effettiva e di scambi culturali molto importanti.

L’esperienza della Scuola nel suo primo decennio di vita fu decisamente molto positiva, ponendo le basi per iniziative che avrebbero trovato realizzazione negli anni successivi. Gli anni novanta rappresentano un momento della nostra storia in cui la classe politica credeva nei Beni culturali come motore di sviluppo e investiva in questo settore; basti ricordare i grandi Progetti del CNR il Progetto Strategico e quello Finalizzato per i Beni Culturali. E’ triste fare un confronto con la situazione tragica attuale in cui, da destra e da sinistra, si attacca il ruolo degli archeologi.  Nel 1995, Cosimo Damiano Fonseca geniale fondatore e Rettore dell’Università della Basilicata, creò a Matera la Scuola di Specializzazione in Archeologia su modello dell’esperienza leccese; mi volle al suo fianco nel dar vita a questa realtà e gran parte dei docenti furono cooptati dalla nostra Università, dando origine così ad un nuovo polo di ricerca per l’Archeologia nell’Italia meridionale, in questa città divenuta Capitale europea della Cultura.

A Lecce dall’esperienza della Scuola nacquero nuove iniziative che nel nuovo Millennio hanno caratterizzato il nostro settore: voglio ricordare il MUSA, per la didattica museale e in particolare la sede del Convento dei Domenicani di Cavallino che andrà rilanciata per poter fruire di una struttura di prestigio, vicina all’area archeologica in cui si è realizzato il Museo Diffuso. Far rivivere la sede di Cavallino in cui abbiamo tante volte celebrato l’inaugurazione degli Anni Accademici, sarà anche un modo per rendere omaggio ed esaudire il desiderio dell’on. le Gaetano Gorgoni, che ci ha lasciato in questi giorni, e che tanto ha lavorato per far crescere la dimensione culturale di questa terra.

[Testo  letto, in seduta telematica, il 27 maggio 2020, per celebrare i 40 anni della Scuola di Archeologia di Lecce, pubblicato in forma ridotta ne “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 7 giugno 2020]

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