“Là dove entra un libro, o si ascolta una voce, esce rapido un cattivo pensiero”

Gli autori hanno affidato alla pagina scritta una parte di loro stessi, senza il timore di mettersi in gioco: “Rileggo ‘Il magico potere del riordino’ e inizio a sistemare armadi, a buttare via ogni cosa per conservare solo quello che mi rende felice” e ancora: “Cerco di riempire il vuoto con un corso di fitness per avere glutei di marmo; ho tinteggiato la ricrescita dei capelli con una tonalità imbarazzante.”

 C’è chi, con ironia, descrive una delle tante videochiamate da remoto: “Grazie al mezzobusto nessuno si è accorto che ero in mutande e calzini dalla cintola in giù, mentre sfoggiavo con il carisma del surfista della “Milano da bere” camicia hawaiana e un sorriso smagliante.”

Una testimonianza autentica e drammatica ci porta dentro al carcere. Si è provato a raccontare il significato della parola “distanziamento” all’interno di una galera sovraffollata, la disperazione nel veder “sparire” i volontari e improvvisamente anche i famigliari: “Voglio sapere come sta mia madre, voglio vedere mia moglie, tutti a gridare. Un contagio di grida. Non so come sia scoppiata la rivolta, non so. Abdou mi dice che ha paura, ha gli occhi doloranti, si divincola prima che lo colpisca il manganello…” e di come la tecnologia si sia rivelata un modo provvidenziale per continuare a coltivare affettività e relazioni.

Poi c’è chi ha lascito libera la fantasia: invasioni aliene, animali pensanti, virus antropomorfi. Situazioni a volte divertenti, spesso surreali. Molte le storie che hanno raccontato il quotidiano tra le mura di casa: la percezione del dramma, la lontananza dagli affetti, i conflitti causati dalla convivenza forzata. Su tutto c’è sempre una finestra (forse ha ispirato la copertina del libro?); ricorda alcuni quadri di Hopper: il senso di attesa, la sospensione, il preludio a un evento fino a prima inimmaginabile.

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