A Castro, prima della dea Atena

Ma il dato più importante riguarda i materiali, che si riferiscono alle fasi più arcaiche del luogo di culto che, a partire dal IV sec. a.C., fu dedicato alla dea Atena, venerata allo stesso modo dagli indigeni Messapi e dai Greci che frequentavano l’approdo, posto in posizione strategica all’ingresso del mare Adriatico. Ma cosa avveniva sull’acropoli di Castro prima di questo periodo? A quale divinità era dedicato il luogo di culto che doveva estendersi almeno su metà dell’attuale centro storico? Qualche risposta era già venuta dalla ricerca di Luigi Coluccia, ora pubblicata in un volume dal titolo “Castro Protostorica”, edito nella serie prestigiosa della Fondazione Paestum, diretta da Emanuele Greco. Sulla base degli scavi condotti sul pianoro ad est dell’abitato, in zona Palombara, vicino alla parete di roccia a picco sul mare, il periodo di vita a Castro si è fatto risalire sino all’età del Bronzo, verso la fine del II millennio a.C., in un flusso di presenze che interessa anche la sommità della collina. Ora gli “scavi in Laboratorio” permettono di colmare un vuoto di documentazione e di concludere che, nel luogo del santuario di Atena, tra VIII e VI sec. a.C. (periodo arcaico), si svolsero intense attività di culto per una divinità locale che in seguito, grazie al contatto con i Greci, venne riconosciuta come Atena e diede poi il nome latino di Castrum Minervae alla città, quando i Romani conquistarono il Salento nel III sec. a.C. Se vogliamo immaginare l’aspetto del santuario nelle fasi più antiche dobbiamo pensare ad uno spazio con edifici di legno rivestiti con tetti di terracotta dipinti a colori vivacissimi, importati come prefabbricati dalle città della Magna Grecia: negli spazi tra un sacello e l’altro, i sacerdoti e i fedeli erano impegnati a bruciare le offerte del sacrificio. Parti degli animali erano dedicate in olocausto e le ossa combuste, con i carboni ancora ardenti, erano poste all’interno di piccoli vasi panciuti e infine disposti nei grandi altari di ceneri insieme ad altre offerte: uno di questi impianti fu scavato vari anni fa nella vicina Leuca, di fronte alla Grotta Porcinara.

Ora che tutti i reperti sono stati sistemati e classificati, emergono alcune particolarità come la presenza di ben tre vasi del VII sec. a.C. decorati sull’ansa da serpentelli plastici: un elemento piuttosto raro che può essere spiegato soltanto facendo riferimento alla divinità femminile venerata, della quale i serpenti segnalano la sua connessione profonda con il mondo della natura e, in particolare, del sottosuolo da dove emergono le forze misteriose che portano l’esplosione di energia dei raccolti e permettono ad uomini ed animali di procreare con abbondanza. A riti legati agli Inferi fa riferimento anche l’altare, rinvenuto qualche anno fa, in calcare con un foro centrale che permette di compiere libagioni ed offerte di liquidi come l’idromele, la più antica bevanda fermentata a base di miele usata in questi rituali: sulla faccia laterale di questo oggetto si trova una delle più antiche iscrizioni messapiche, datata al VI sec. a.C., scritta nella modalità bustrofedica (simile al percorso dei buoi aggiogati, da sinistra a destra e poi all’incontrario). A complessi rituali fanno riferimento anche le numerose ceramiche messapiche, alcune rarissime, a forma di brocca con tre colli, per offrire libagioni dedicate a tre divinità diverse. Tutti questi oggetti sono caratterizzati dall’eleganza delle forme e dalla raffinata esecuzione delle decorazioni geometriche, con motivi che risalgono sino alla preistoria, rivissuti però con una freschezza di invenzione e ricchezza di colori che la generosa terra di Castro ha potuto conservare intatti. Un inesauribile repertorio a disposizione di giovani artigiani che vogliano coglierne l’ispirazione nelle loro creazioni.

Ceramiche di produzione messapica del VII sec. a.C., con raffinate forme e decorazioni.

Anche quest’anno si è lavorato con risultati eccezionali per la conoscenza del Salento antico, con finanziamenti che possono contare, come negli scorsi anni, soltanto sul sostegno del Comune di Castro ed sulla generosità di privati come Francesco Lazzari, legato a Castro da un legame di affetto e di entusiasmo per le scoperte; altri hanno contribuito come la signora Marj Katia Frassanito per ricordare la sua madre Cristina Surano, la levatrice del paese che aveva tanto apprezzato l’impegno negli scavi dei giovani di Castro. Tuttavia tutto questo non è sufficiente: per portare alla luce questa grande ricchezza, che ha già contribuito in modo significativo allo sviluppo culturale e turistico della cittadina, saranno necessari finanziamenti che soltanto la Regione Puglia potrà assicurare.

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La campagna di scavo 2019 è stata condotta su concessione del MIBACT, sotto la direzione di Francesco D’Andria, nell’ambito delle attività culturali promosse dal Comune di Castro (Sindaco Luigi Fersini, Assessore alla Cultura Alberto Capraro). Lo scavo è realizzato dagli archeologi dell’Associazione Atena, Amedeo Galati, Alessandro Rizzo, coadiuvati da Luigi Bene; Emanuele Ciullo, oltre che partecipare attivamente allo scavo, è responsabile della gestione del Laboratorio. Per il progetto di pubblicazione Maria Piera Caggia, del CNR, studia la ceramica messapica, mentre Vito Giannico, dottore di ricerca, conduce una ricerca sui materiali del sacrificio rinvenuti nell’altare.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 3 agosto 2020]

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1 risposta a A Castro, prima della dea Atena

  1. Impiegato scrive:

    Intanto, il lavoro degli archeologi va avanti senza soluzione di continuità. Anche grazie al contributo finanziario del professor Francesco De Sio Lazzari, figlio del geologo Antonio Lazzari a cui intitolato il Museo della città , il quale ha devoluto agli scavi una cifra molto considerevole, e dell’associazione Inner Wheel Tricase-Capo di Leuca, tutta al femminile, che ha raccolto tra i soci una somma importante. Grazie ai finanziamenti del professor De Sio Lazzari e delle donne di Inner Wheel abbiamo ottenuto risultati straordinari – spiega D Andria -. Si sta aprendo un quadro molto importante e speriamo nel bando sui siti archeologici della Regione alla quale abbiamo chiesto un milione di euro per realizzare un grande parco archeologico e alle risorse del Pnrr che possono ancor di più valorizzare questa realtà che già ha trasformato Castro, facendola diventare luogo di riferimento per il turismo di qualità. Molti turisti, infatti, ora non si fermano più soltanto a Castro Marina ma salgono in cima alla città per godere del panorama straordinario e per vedere il museo, la statua di Atena e un’offerta culturale di altissimo profilo. Nel frattempo, è in atto pure un confronto con il Museo archeologico nazionale Marta di Taranto per l’organizzazione di una mostra e un convegno sui rapporti tra Taranto e Castro. E si lavora all’itinerario culturale internazionale Rotta di Enea promosso dal Consiglio d Europa, in cui la città di Castro figura come primo approdo in Italia.

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