Chissà se poi il senso profondo di una scrittura non sia proprio quello di scoprire le molte maniere di essere se stessi. Chissà se non sia quello di ritrovarsi, più o meno consapevolmente, davanti ad uno specchio che restituisce l’immagine di un volto che a volte si riconosce e a volte no. Chissà se non sia un modo per sprofondare nelle rughe aperte su quel volto, per non interrogare gli occhi pretendendo a volte risposte oneste, sincere, altre volte ugualmente oneste e sincere ma anche un poco indulgenti. Chissà se non sia un modo per recuperare il senso dei propri giorni: di ciascun giorno com’è e com’è stato, irripetibile e assoluto.
Perché non c’è un solo giorno che sia come un altro ch’è già stato oppure che sarà, che possa avere gli stessi pensieri, le stesse malinconie, gli stessi progetti, le stesse speranze, le stesse delusioni. Ogni giorno è un frammento di esistere ma l’esistere è fatto da quei frammenti. Spiccioli essenziali.
[Nel “Nuovo Quotidiano di Puglia”, sabato 8 agosto 2020 col titolo Poche righe, come spiccioli per dimostrare di aver vissuto]