Saggi di critica della politica economica – Anno 2010

di Guglielmo Forges Davanzati


John Maynard Keynes

La comunicazione delle teorie economiche come luogo di conflitto fra visioni ‘pre-analitiche’ alternative

[Pubblicato col titolo La comunicazione delle teorie economiche, in “YOD Rivista di Filosofia”, 2010, pp.150-158]

“Se tutti gli economisti si stendessero uno in fila all’altro non raggiungerebbero una conclusione” (J.B.Shaw).

“Un economista è qualcuno che conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nulla” (Oscar Wilde).

“Un economista è un esperto che saprà domani perché le cose che ha predetto ieri non si sono avverate oggi” (L.J.Peter).

“Le idee degli economisti e dei filosofi politici, quelle giuste come quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si pensa. In realtà il mondo è governato da poche cose all’infuori di quelle… Pazzi al potere, i quali odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro” (John Maynard Keynes).

1 – Introduzione

Con estrema schematizzazione, si può affermare che esistono due modi di concepire la teoria economica e, conseguentemente, due modi per comunicarne i contenuti. Secondo un primo orientamento, che, seguendo Sen (2002, cap.1) definiremo ingegneristico, e che ha le sue radici nella tradizione neoclassico-liberista[1], l’economia è una scienza senza aggettivi, che si dà uno statuto epistemologico analogo alle scienze hard e alla fisica teorica in particolare[2]. Affinché sia possibile costruire in modo scientifico il discorso economico, occorre sostanzialmente concordare su due assunti: a) l’agire economico è un agire ‘razionale’, secondo un criterio di razionalità strumentale in base al quale ciascun operatore massimizza una funzione-obiettivo dati i vincoli di moneta e tempo[3]b) i presupposti e le conseguenze di queste azioni prescindono da condizionamenti di natura storica, sociale, istituzionale. Sul piano epistemologico, ciò porta a ritenere scientifica una teoria economica se, oltre a soddisfare il requisito della coerenza interna, soddisfa anche la condizione di falsificabilità[4]. A ciò si aggiunge una visione cumulativa della conoscenza, stando alla quale le idee di oggi sono superiori alle idee di ieri o, detto diversamente, la scienza economica procede per progressiva eliminazione di errori e dunque per progressiva approssimazione alla realtà. Letta in quest’ottica, vi è ben poco spazio per la comunicazione in ambito economico e, se vi è, è per così dire ristretto alla mera informazione delle più recenti scoperte degli economisti; dal momento che non è dato costruire un dibattito intorno a una verità scientifica utilizzando le medesime categorie che hanno portato a questa verità. Il secondo orientamento, che è prassi definire lato sensu ‘critico’ e che è comunque fin qui minoritario in ambito accademico, si può costruire a contrario rispetto al primo.  Esso si fonda sul rifiuto del duplice assioma della sovranità del consumatore e della scarsità delle risorse, a favore di un approccio ‘olistico’ o di ‘macrofondazioni della microeconomia’, stando al quale il comportamento economico dei singoli operatori è condizionato dalla storia individuale e collettiva, dall’assetto istituzionale nel quale tale comportamento si esercita e, non da ultimo, dall’affiliazione a gruppi (o classi) sociali.

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