Ernesto Alvino da un anniversario all’altro

L’ambito in cui certi personaggi vanno ricordati e valorizzati, anche per essere trasformati in lievitanti risorse, non può essere che quello delle istituzioni. L’Università in primis, ma non solo gli istituti letterari, evidentemente, anche, nel nostro caso, quelli di politica, di storia e di comunicazione.

Ernesto Alvino resta nella Lecce del fascismo e del postfascismo un protagonista assoluto. Sua fu la rivista futurista “Vecchio e Nuovo” (1930-31 e 1932); e sua “Vedetta Mediterranea”, che, uscita dal 23 marzo 1941 alla caduta del regime (l’ultimo numero apparve il 19 luglio 1943, mentre il successivo era pronto per essere portato in tipografia), svolgeva in provincia il compito che aveva “Primato” di Bottai in campo nazionale. Ossia di tenere unite e impegnate tutte le risorse intellettuali esistenti nel sostenere il fronte interno della nazione compatto e fiducioso nella sicura vittoria. Su “Vedetta” scrissero fra gli altri Oreste Macrì e Vittorio Bodini, Vittorio Pagano e Luciano De Rosa, Francesco Lala e Girolamo Comi. Fu proprio la presenza del poeta di Lucugnano, particolarmente inviso al partito fascista per il suo antibellicismo, e un diffuso indifferentismo della pagina culturale che provocarono la reazione di “Primato” e delle autorità centrali del fascismo, che indussero Alvino a mettere fine alla collaborazione di Macrì e Bodini ritenuti non in linea. Ricordiamo che la rivista aveva un marchio ideologico, era il settimanale dei Fasci di Combattimento di Terra d’Otranto.  Lo stesso Bodini ricorderà più tardi che quella pagina era “un’isola di indifferenza – allora rivoluzionaria – alla circostante materia provinciale e politica”.

La bufera seguita alla sconfitta bellica e le conseguenze politiche non risparmiarono Ernesto Alvino che alla fine della guerra fu processato e condannato. Nel dopoguerra egli riprese a scrivere per “Il Tempo” di Roma di Renato Angiolillo, mentre pensava di riappropriarsi del suo ruolo più congeniale, quello di produrre cultura e di dar voce a tutte le anime di una certa area politica, secondo la sua innata vocazione di porsi al punto di equilibrio. Così aveva fatto con “Vecchio e Nuovo”, così con “Vedetta Mediterranea”, come ha riconosciuto di recente Ferruccio Canali in un suo saggio.

Nel 1954, ormai affrancatosi da residualità fasciste e antifasciste, avendo pagato per la sua libertà sia durante il fascismo che dopo, con lo spirito libero che gli era connaturato e in coerenza con le sue idee, fondò “Voce del Sud”, un settimanale uscito puntualissimo ogni sabato per cinquant’anni, che meglio si sarebbe chiamato “Voce nel Sud” perché la sua impostazione era vociana e nazionale. Dopo la sua morte fu diretto, nel solco tracciato, dal figlio Leonardo. L’ultimo numero uscì il 27 dicembre 2003. Aveva sotto la testata il motto “avanzare senza rinnegarsi” e occupò nel dibattito politico della Prima Repubblica lo spazio politico-culturale nazionale e locale del centro-destra, senza tuttavia avere rapporti né al centro né in periferia, né di rappresentanza né di accordi coi partiti che quell’area politica rappresentavano: il Msi, il Partito liberale, il Partito monarchico. Alvino era espressione di una cultura politica che rimanda ai personaggi nobili della destra italiana, a Giuseppe Prezzolini, a Renato Angiolillo e a Indro Montanelli, per fare dei nomi, fatti salvi quegli aspetti che appartengono all’indole di ciascuno.  Il non rinnegarsi era appunto una questione più di carattere e di testimonianza che di propositi politici.

Che cosa è stato il giornalismo politico di Ernesto Alvino nel panorama politico-letterario leccese e salentino potrebbe essere argomento di studio, lo spunto per un discorso più ampio, il modo per rinverdire la memoria di un protagonista del ‘900, la cui importanza va ben oltre la sfera letteraria delle sue riviste del periodo fascista. L’anno prossimo ricorrerà un altro importante suo anniversario, quello dei 120 anni dalla nascita. Un’opportunità per iniziare un discorso nuovo, più incentrato su di lui e più comprensivo di contenuti. 

[“Presenza taurisanese” a. XXXVIII n. 10 / ottobre 2020, p.6]

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