Manco p’a capa 14. La democrazia del bello

di Ferdinando Boero

Ursula von der Leyen propone un ulteriore sviluppo del Green New Deal, inserendolo nel contesto ispiratore della Bauhaus, una scuola di stile nata in Germania, attiva tra il 1919 e il 1930, che si proponeva di coniugare bellezza e utilità in tutti gli oggetti che fanno parte della vita quotidiana, dai mobili agli utensili, alle abitazioni, le luci e molto altro.

Il New Green Deal propone di cambiare i sistemi di produzione e consumo verso la sostenibilità ambientale e, ora, Ursula von der Leyen aggiunge la bellezza come obiettivo primario.

La presidentessa della Commissione è tedesca, se fosse italiana probabilmente avrebbe parlato di Rinascimento, ma il concetto è quello. Leonardo è il nostro modello: scienza, tecnica e bellezza devono andare assieme. Se fosse statunitense, Ursula si rifarebbe a Steve Jobs che ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare, in tutti i sensi, producendo anche oggetti iconici per la loro bellezza.

Noi italiani abitiamo il Bel Paese e abbiamo il paesaggio e il patrimonio culturale come valori costituzionali. Dovremmo essere i più inclini a questa visione. In effetti lo siamo in termini di design e architettura di alto livello, per non parlare del cibo, il migliore al mondo. Siamo maestri di stile nel vestire, e ogni città è un capolavoro di architettura. Persino l’epoca buia del fascismo ha lasciato edifici di rigorosa bellezza.

La Bauhaus, però, voleva introdurre la bellezza in tutte le produzioni, non solo in quelle di elite.

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