Giuseppe Mangionello scultore e pittore

 “Giuseppe Mangionello o della sfortuna di un artista”, titolava Refolo il suo saggio su “Nuovo studente magliese” (n.3, giugno 1961) e “Tempo d’oggi” (anno III, n.6, 25.03.1976), ora riproposti nel libro in parola, ponendo l’accento sulle alterne vicende di questo artista, la cui vita fu travagliata da dispiaceri e malumori, in quanto si sentiva, forse a ragione, ostracizzato dalla sua città. Nato nel 1861, pur provenendo da una famiglia molto povera, poté studiare con il maestro Paolo Emilio Stasi, insegnante di disegno al Convitto Ginnasio Capece, e poi con Giuseppe Bottazzi a Diso. E frequentò anche la Scuola di Belle Arti a Torino. Completò gli studi a Napoli con il maestro  Mancini.  Queste scarne notizie biografiche forse lasciano il tempo che trovano se non vengono menzionate alcune sue opere, certamente più conosciute del loro autore. A Roma, in particolare, eseguì il busto di Giovanni Barracco, nell’omonimo museo di arte antica, i busti di Domenico Piva e Giuseppe Rosi sul colle del Gianicolo, le decorazioni di alcune fontane a Valle Giulia, il monumento bronzeo a G. Magnaghi, nel cimitero del Verano. Fra le sue opere salentine, i dipinti “Apparizione della Vergine ai Santi Fondatori Ordine Servi  Maria”, 1880 e “ San Filippo Benzi” 1880, che si trovano  a Maglie nella chiesa di Santa Addolorata, i due busti raffiguranti l’agronomo Gaetano Stella (1888) e l’architetto e matematico Luigi Scarambone (1889) nella Villa “Garibaldi”di Lecce, il Monumento sepolcrale di Michela Tamborino nella chiesa di S. Maria della Scala, a Maglie, ecc. Nel 1938, Mangionello venne ricoverato a Roma per un problema agli occhi che poi lo portò alla morte. Significativa è nella sua carriera la mancata realizzazione della statua di Francesca Capece, che venne invece realizzata dal mio illustre concittadino Antonio Bortone. Ne parlarono anche Teodoro Pellegrino, in “Un dimenticato scultore salentino. Il Mangionello. Nel centenario della sua nascita”, pubblicato su “Voce del sud” del 23.12.1961, e Antonio Erriquez in “Giuseppe Mangionello scultore pittore architetto”, Editrice salentina 1969, riportati dal Refolo. Mangionello aveva ogni buon motivo per aspettarsi che la commissione della statua di Francesca Capece fosse assegnata a lui, non solo per chiari meriti artistici ma soprattutto per ragioni di concittadinanza. Non mancò mai di rilevare quanto la mancata assegnazione fosse per lui ragione di rammarico, avendo egli nel cuore i meriti e la fama della grande benefattrice, la nobildonna Francesca, per la quale, come tutti i magliesi, nutriva affetto sincero. Infatti Mangionello realizzò di sua iniziativa un progetto per il monumento, tanto fervida era in lui l’aspettativa, che però andò delusa. Il Consiglio Comunale di Maglie, su sollecitazione di un Comitato cittadino presieduto da Alessandro De Donno, decise di affidare l’incarico a Bortone, il quale lo portò a compimento in maniera egregia. Dubbi sorgevano soltanto sul posizionamento della statua. Alessandro De Donno, un nome importante nella bibliografia magliese (era stato il fiduciario della Duchessa), chiedeva che la statua, della quale possedeva già nel suo palazzo un bozzetto in gesso realizzato dallo stesso Bortone, fosse allocata nella centrale piazza di fronte al Municipio, mentre alcuni cittadini ritenevano più giusto che questa fosse nell’atrio del Liceo Capece. Un altro De Donno, Raffaele, chiedeva che questa fosse allocata nella piazzetta retrostante il Liceo, riservando la piazza centrale al monumento ad Oronzio De Donno, anche questo monumento indifferibile, nei voti del proponente. Prevalse invece la scelta del Comitato cittadino e la statua della Capece venne sistemata di fronte al Municipio, mentre nella piazzetta che a lei è intitolata, trovò posto la statua di Oronzio De Donno, anch’essa opera del Bortone, sebbene questa anomalia toponomastica ingeneri ancora oggi non poca confusione nei visitatori. Lo stesso Mangionello, pur riconoscendo l’elevata qualità dell’opera dello scultore ruffanese, al quale era legato da stima profonda e ricambiata, riteneva che la statua, date le sue ridotte dimensioni, sarebbe stata meglio posizionata nell’atrio del Liceo, mentre in quella grande piazza avrebbe avuto maggior presenza scenica la sua, mai realizzata. Mangionello si sentiva escluso, insomma, e non mancò di far sentire la proprie rimostranze in più occasioni a quella città che sembrava sorda al suo richiamo. Facile a questo punto, per i biografi del Mangionello, riportare l’abusato aforisma nemo propheta in patria. Stessa delusione ebbe, lo scultore magliese, per la mancata realizzazione a Roma di un monumento a Benedetto Brin; in questo caso seguì un lungo strascico giudiziario che logorò psicologicamente l’artista. Il libro riporta anche un intervento dello scultore Achille Cofano, il quale ha realizzato un busto del Mangionello in terracotta.  Certo Giuseppe Mangionello, recensito in numerose antologie artistiche e cataloghi, aveva un pessimo carattere e non sgomitava per farsi largo, essendo tendenzialmente schivo. Inoltre, a Maglie, scontò alcune sue posizioni politiche non in linea, ma ciò non giustifica il fatto che dopo le ricordate pubblicazioni di Refolo, nessuno più si sia interessato di lui, in un arco di tempo così lungo. Non è mai stato fatto uno studio rigoroso sulla sua vita e sulla sua opera, non sono stati mai emendati errori ed incertezze che anche su quest’ultima pubblicazione pesano, sebbene si tratti di un’opera solo divulgativa. Anzi, onore al merito di chi l’ha compilata.

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