La speranza tra bellezza e sentimento

di Antonio Errico

Di un anno che va via, si ricorda qualcosa, si dimentica molto. Quello che si ricorda è l’essenziale, la condizione che in qualche modo ha mutato la nostra esistenza, il nostro modo di confrontarci con il mondo e con le storie che lo attraversano.

Nessun anno è mai uguale ad un altro; a volte si ha l’impressione che un anno rassomigli ad un altro, ma gli anni non sono mai uguali, non lo sono neppure i giorni, non lo sono neppure gli istanti. Sì, va bene, qualche volta può anche sembrare che un anno rassomigli ad un altro, trascorso da poco oppure da molto, ma non è vero. Ogni anno ha il proprio volto, che cambia, inevitabilmente cambia, come inevitabilmente cambia il nostro volto un anno dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, ad ogni istante. Così gli anni ce li portiamo addosso, ce li portiamo dentro, in fondo al cuore.

Dell’anno che sta andando via, invece ricorderemo molto. Perché è  stato il tempo di un’esperienza straordinaria, che la Storia ha conosciuto solo in parte e comunque in modo diverso, per cui la nostra memoria non può fare paragoni né intravedere  rassomiglianze. Ciascuno di noi spera che questa esperienza passi presto, che l’anno che sta per venire le attribuisca il senso della conclusione. Ci siamo ritrovati a confrontarci, tutti insieme, in tutto il mondo, con l’imprevedibile, con l’imponderabile, con lo stupore e il disorientamento, con la paura soggettiva e collettiva. Si è imparato che cosa possa significare imporsi la distanza, vietarsi un abbraccio, anche una stretta di mano, anche il bacio sulla guancia per  l’augurio di Natale a una persona cara.

Si è imparato che alle volte, improvvisamente, ci si deve fermare, impedirsi di fare quello che si vorrebbe, restarsene ad aspettare lo sviluppo degli eventi, tentando comunque di comprendere, senza rinunciare ad un pensiero di futuro.

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