La Biblioteca provinciale (Bildungsreise inatteso)

di Franco Martina


Biblioteca provinciale di Lecce – sala di lettura (1964)

Quando arrivai all’Università di Firenze, nel 1969, avevo già una certa familiarità con la biblioteca. Era cominciata negli anni del Ginnasio. E non per nobili ragioni, non per studio, quello vero,  né per ricerca. Anzi, per ricerca in un certo senso sì. C’ero andato insieme ai compagni di classe, diventati ormai amici. Avevamo saputo da quelli del Liceo che in una sala della Biblioteca provinciale si potevano trovare i traduttori di “tutti” gli autori greci e latini. Praticamente una panacea. Dopo quella del “Pechenino”, una sorta di Bignami dei verbi greci irregolari, era questa scoperta la più grande emozione che lo studio dei classici ci aveva procurato negli acerbi anni della nostra formazione umanistica. Così, un pomeriggio trovammo il coraggio di salire i pochi gradini del vecchio edificio, dove ci illudevamo di risolvere molti nostri problemi. La Biblioteca si trovava nel cuore della città, in un piccolo slargo raggiungibile percorrendo un dedalo di stradine. Appena entrato, il visitatore era avvolto da un odore immediatamente associato al vecchio, al polveroso, a qualcosa di conservato da troppo tempo senza essere stato mai toccato. Una sensazione che generava un inspiegabile riflesso psicologico, trasformandosi in un sentimento di piccolezza, di minorità. Qualcosa di analogo e di diverso rispetto a ciò che si prova entrando in una Chiesa: analogo per il senso di minorità; ma diverso, perché in Chiesa ci si sente minori di fronte a chi “si conosce”. Invece qui in questo edificio, che pure di un tempio aveva tutta l’aria, ci si sentiva avvolti, letteralmente, da ciò che non si conosce, da ciò che non si sa.

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1 risposta a La Biblioteca provinciale (Bildungsreise inatteso)

  1. wp_2601243 scrive:

    “È una cosa scritta senza finalità. Se ritieni, pubblicala. Ma possono esserci ricordi imprecisi. P. es., i busti nella sala di consultazione potrebbero non essere quelli che ho scritto, ma di Manzoni e di Filippo Briganti. Il dubbio mi è sorto dopo, quando sono andato a visitare la Biblioteca restaurata e ho visto i due busti ancora lì a incutere timore e reverenza ai pochi studiosi.”. E’ quanto mi scrive Franco Martina, regalando al lettore questo suo scritto. Sulla imprecisione circa i busti della sala consultazione della Biblioteca provinciale, vedremo. Un blog come il nostro è aperto alle precisazioni dei lettori, che sono invitati a intervenire con i loro ricordi.

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