Il regno della famiglia Imperiale

Questo libro ha come destinatari non soltanto gli specialisti (architetti, urbanisti, storici) ma anche il pubblico vasto dei lettori amanti della storia locale, e ha il merito di farci fare, senza spostarci da casa, una gita fuori porta molto istruttiva, poiché ci conduce, come ho detto, nelle città di Francavilla e Oria (provincia di Brindisi) e di Manduria (provincia di Taranto), che un tempo gli Imperiale amministrarono come un unico feudo. E si trattò indubbiamente, a quanto si evince da questo studio, di amministratori illuminati e mecenati attenti tanto allo sviluppo dell’assetto urbanistico delle tre città quanto alla valorizzazione del territorio rurale circostante. Le città dovevano diventare, per questi genovesi trapiantati al Sud – a cui evidentemente mancava lo sfarzo della città ligure -, l’espressione del loro potere e della loro grandezza. Per questo motivo Michele II Imperiale detto Michelino, primo principe dei Francavilla, nel 1643 provvide a far disegnare da un anonimo artista (forse Carlo Francesco Centonze, di Francavilla) le tre vedute di Manduria, Francavilla e Oria (ora preso l’Archivio di Stato di Napoli) che furono esposte nelle sale di rappresentanza del palazzo di Francavilla: “Le tre vedute” scrive Basile, “riflettono l’intento di rappresentare “in una veste altamente celebrativa” la configurazione assunta dalle città e il desiderio della famiglia di entrare di diritto nel panorama nazionale e internazionale” (p. 95).

A queste tre vedute si affiancano La Pinta del territorio di Oyra [sta per Oria] e la Descrizione del territorio di Francavilla (conservate nel medesimo Archivio di Napoli), e molti altri disegni commissionati dagli Imperiale, che attestano, come s’è detto, “un notevole interesse, da parte della famiglia, per il territorio rurale” (p. 95): “… opere di sfruttamento dei fiumi, delle saline, delle fonti, di costruzione di mulini e villaggi, di concessioni di terre secondo regole ben precise”, come nel caso della decisione di accogliere, verso la metà del ‘600, Greci e Albanesi – testimonianza, se ce ne fosse bisogno, di come sia antica la storia dell’immigrazione, della sua regolamentazione e del suo sfruttamento nel Salento ad opera dei potenti di turno – per popolare e rendere produttivo il territorio di Motunato, della Stornara, di Columena, ecc.. Ragion per cui Basile può concludere che “tanto all’interno dei centri urbani quanto nell’agro circostante, gli Imperiale attuarono dei programmi rigorosi e dei piani (urbanistici e territoriali) a dir poco innovativi che conferirono nuova linfa alle attività economiche e, di conseguenza, alla produzione artistica dei centri in questione” (p. 112).

Certo, oggi il territorio rurale è molto cambiato, il latifondo per fortuna ha subito notevoli trasformazioni e così pure i centri cittadini sono stati modificati da due secoli e più di interventi umani successivi al dominio degli Imperiale. Ma nella gita fuori porta che consigliamo, il lettore non potrà mancare di visitare il palazzo Imperiale di Manduria, con la sua “scalinata  monumentale” (p. 127) o il castello di Francavilla, con la sua scala “di notevole effetto scenografico” (p. 127), opere di diverse generazioni di maestranze – locali e venute da fuori, Napoli e Roma in particolare, maestranze a cui Basile è sempre molto attenta –  che trovano solo nel primo quarto del Settecento una loro compiuta realizzazione. Il terremoto del 1743 le deturpò senza distruggerle ed anzi divenne spesso incentivo per restauri e nuove costruzioni. Il Settecento: “il secolo dell’architettura civile” (p. 78), certo, ma anche religiosa, se pensiamo al gran numero di conventi e chiese che furono eretti da non pochi ordini religiosi (Agostiniani, Domenicani, Francescani e, soprattutto, Scolopi, questi ultimi favoriti dal cardinale Giuseppe Renato Imperiale tra la fine dei ‘600 e i primi del ‘700) attratti in questo territorio fertile e ricco dalla munificenza degli Imperiale. Il potere politico e quello religioso, il trono e l’altare, secondo il modello consolidato dell’ancien regime, trovano nell’edilizia profana e sacra del regno degli Imperiale una esemplificazione molto significativa di una civiltà ormai da tempo tramontata, della quale, in questo tipo di pubblicazione si avverte sempre una certa malcelata nostalgia.

Il volume è corredato da una Appendice documentaria a cura di Vita Basile e con la collaborazione di Nicola Claveri, nella quale sono riportati alcuni documenti rinvenuti negli archivi di Napoli e Roma, utilizzati e citati ampiamente in corso d’opera; e da una Bibliografia dei manoscritti e delle opere a stampa citate. Infine, chiude l’opera un utilissimo Indice dei nomi e dei luoghi, che rende agevole la consultazione anche rapsodica del libro.

[Il regno della famiglia Imperiale (recensione a Vita Basile, Gli Imperiale in Terra d’Otranto. Architettura e trasformazioni urbane a Manduria, Francavilla Fontana  e Oria tra XVI e XVIII secolo, Congedo Editore, Galatina, 2008), “Il filo di Aracne” a. IV – n. 1, gennaio-febbraio 2009, pp. 22-23; poi ne “Il Paese Nuovo” di mercoledì 13 maggio 2009, p. 7.]

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