Saturae IV

***

Beneficium accipere libertatem est vendere

Hai deciso di metterti sotto un potente

e di accettare i suoi favori. Demente!

Certo, otterrai più ingaggi, i teatri pieni,

lo so, avrai premi e ottime recensioni,

mi ripeti che afferrerai successo e celebrità.

Vero! Ma non sai che avrai venduto la libertà?

Publilio Siro, il celebre drammaturgo romano del I secolo a. C., scrittore di Sententiae, dà il titolo alla poesia nella quale il Satirico mette in scena un Margite servile, ben disposto a privarsi della libertà pur di ascendere le vette del successo e della celebrità.

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Catalepton (Chi la fa l’aspetti)

Ora sei tu che chiedi a me perché scarabocchiare, con i miei cribri,

questi fogli, che serviranno al massimo ad accartocciar gli sgombri:

forse che serve – dici – per le mie cacate carte, abbattere cembri

solo per scrivere, in poche sciocchezzuole, versi così scabri?

Certo, queste mie mal levigate poesiole avranno ben poca sorte

in confronto ai tuoi torniti manuali, che batteranno la morte.

Allora ti chiedo scusa e di quanto ho anzidetto faccio abiura:

dei versi degli altri – mal me ne incolga-, non mi darò più cura.

Abiura

Il componimento va posto in relazione con I poeti della domenica.  Il Satirico lì se la prendeva con i poetastri, qui, con notevole esercizio di autoironia, se la prende  con sé stesso in quanto poeta satirico che scrive “sciocchezzuole” e “versi così scabri”, esposto alla critica di chi, invece, scrive “ben torniti manuali”. Insomma, c’è sempre il pericolo che l’accusato diventi accusatore, che ci sia un improvviso cambio di parti, che Margite diventi il Satirico e il Satirico Margite. Il poeta abiura, non si sa con quanta convinzione, e dichiara di non volersi più occupare dei versi altrui. Sarà vero? Il titolo è mutuato dalla raccolta poetica attribuita a Virgilio nell’Appendix Vergiliana.

***

L’onorevole La Minchia

Sindaco dei miei stivali, peste della convivenza civile,

forse la tua candidatura era dannatamente fatale

ma se cado io dal mio banchetto, non ho alcun male,

invece tu faresti molto rumore dal tuo alto sedile.

Così ora sei diventato un parlamentare,

in spregio del decoro e ad onta di ogni decenza,

scorciando bontà, altruismo e compiacenza,

nel sacro emiciclo sei riuscito ad arrivare.

Ora ti puoi servire del potere a tuo talento,

benefichi gli amici e punisci chi non ti ha votato

e fra questi il primo son io, tuo nemico giurato.

Fai il bello e il cattivo tempo, ti giri come il vento.

E sia, aspetto le tue ritorsioni; ma devi ricordare:

Fortuna vitrea est: tum cum splendet frangitur,

una massima, che non troverai sulla guida Alpitour

quando, per sfuggire al gabbio, dovrai espatriare.

Quando il sindaco diventa deputato

Il Satirico alle prese col politico che ha fatto fortuna. Questi da sindaco è diventato deputato, cioè un potente, ed ora il poeta è nei guai: deve far fronte alle “ritorsioni” del politico che egli non ha votato e che continua a disprezzare e bastonare (a costo di prenderle!). A questo fine usa la clava della cultura classica, una sentenza di Publilio Siro, con la quale non solo avverte che la fortuna è passeggera, ma anche denuncia l’ignoranza del politico e le sicure sue malversazioni che lo condurranno inesorabilmente in carcere o a sfuggire ai rigori della legge.

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