Ma davvero Vanini è poco conosciuto?

di Gigi Montonato

Recentemente Nicola Porro, noto giornalista e conduttore televisivo di “Quarta Repubblica” su “Rete 4”, in un suo intervento sulla diatriba dei filosofi Agamben e Cacciari contro il Green pass e successiva condanna degli stessi da parte di altri filosofi e intellettuali, questi ultimi favorevoli, ha citato Giulio Cesare Vanini con una “generosa” forzatura.  

Così il giornalista televisivo: «consegnato [Vanini] alla storia della filosofia come il “grande scettico”, in realtà fu molto di più. Con le sue opere e la sua testimonianza ha segnato un punto di svolta nella storia della filosofia occidentale contribuendo insieme a pensatori del calibro dello stesso Giordano Bruno e Spinoza, alla nascita dell’Europa laica e moderna. Eppure Vanini, ribattezzato dai suoi contemporanei “aquila degli atei” per gli esiti antiteologici e antimetafisici del suo razionalismo radicale, nonostante negli ultimi anni sia stato oggetto di una vera e propria riscoperta, resta ancora poco conosciuto in Italia» (Da Vanini a Cacciari: come evolve il rogo dei filosofi, in “Liberilibri” del 30 luglio 2021). Una civetteria culturale, quella di Porro, per dire che Cacciari, incompreso, è finito sul rogo dei pro Green pass metaforicamente come Vanini lo fu nella realtà per il suo ateismo, alias razionalismo radicale (copyright Raimondi).

La fonte dalla quale Porro ha tratto il suo giudizio su Vanini, infatti, rimanda inequivocabilmente agli studi vaniniani più recenti di Francesco Paolo Raimondi e di Mario Carparelli, autore, quest’ultimo, di diversi saggi divulgativi, l’ultimo Giulio Cesare Vanini. Il filosofo, l’empio, il rogo, con prefazione di Sossio Giametta e con uno scritto di Dario Acquaviva (Editore Liberilibri, 2021), ripreso dal TG 2 della Rai.

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