Manco p’a capa 76. Il ritorno degli squali nel Tamigi

di Ferdinando Boero

Nel 1957 il Tamigi, il fiume che bagna Londra, fu dichiarato “biologicamente morto”: l’inquinamento aveva causato l’estinzione di tutte le forme di vita animale. Se gli impatti umani che alterano il fiume sono eliminati, però, l’acqua che viene dalla sorgente porta al mare la sporcizia e, se non ne arriva altra da terra, il fiume torna pulito. Ripulita l’acqua, si spera che torni la vita. Il Tamigi ha un grande estuario, le maree lo risalgono per un notevole tratto e, con esse, arrivano le specie adattate a variazioni di salinità, ricolonizzando il fiume. Gli estuari sono tra gli ambienti acquatici più produttivi del pianeta, se non li alteriamo con le nostre attività: liberato dall’inquinamento, il Tamigi riprende vita. La Società Zoologica di Londra, studiando il ripopolamento della porzione del Tamigi influenzata dalle maree, ha registrato la presenza di specie che indicano un “miracolo”: risorge la vita nel fiume e le reti alimentari riacquistano complessità. La presenza di predatori, in particolare, indica che la base dell’ecosistema è sana, e nutre i vertici. La presenza di tre specie di squali è la notizia più eclatante che conferma la bontà delle iniziative di risanamento. Nell’estuario del Tamigi gli zoologi londinesi hanno trovato esemplari di canesca (Galeorhinus galeus), palombo stellato (Mustelus asterias) e spinarolo (Squalus acanthias). La canesca, in particolare, è una specie a rischio di estinzione commerciale: le popolazioni sono talmente esigue che la specie non rappresenta più una risorsa sfruttabile in modo sostenibile: lo sforzo di pesca per catturare esemplari supera il ricavato della vendita del pescato e la popolazione non riesce a riprendersi. Le altre due specie sono meno minacciate. Si tratta di piccoli squali, ma la loro presenza è altamente indicativa e dimostra che la rete alimentare è sufficientemente complessa da garantire la loro presenza. La natura, alleggerita dalle nostre pressioni, si riprende rapidamente. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia, quando molte attività sono state sospese.

Lo vediamo anche nelle Aree Marine Protette dei nostri mari: la vita ritorna se smettiamo di martoriarla con attività scellerate. La natura si riprende i suoi spazi e riesce rapidamente a riorganizzarsi.

Questa voce è stata pubblicata in Ecologia, Manco p’a capa di Ferdinando Boero e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *