Rina Durante. Il mestiere del narrare. Atti del Convegno Nazionale di Studi (Melendugno- Lecce, 18-19 novembre 2013)

Tutto il teatro a Malandrino, opera di difficile collocazione, a metà strada tra teatro e romanzo, è al centro dell’intervento di Emilio Filieri, il quale riconosce la forza caratteristica di tale opera nell’assimilazione della crisi del neorealismo, filtrata dalla Durante attraverso umorismo e paradosso in una «”polifonia narrativa” mai sfrangiata dalle singole narrazioni, intersoggettiva, bachtiniana, nell’interpretazione del mondo» (p. 188). Sempre in Tutto il teatro a Malandrino è rievocato l’episodio oggetto dell’analisi di Eugenio Imbriani, ossia la realizzazione, da parte del regista Corrado Sofia e con la collaborazione della Durante, di un documentario televisivo dedicato alla rappresentazione della Tragedia di Roca a Melendugno. Occasione significativa, che la scrittrice coglie per osservare quanto il mondo contadino sia cambiato, soprattutto anche attraverso la diffusione della televisione. Il radiodramma Il sacco di Otranto, incentrato sulla rappresentazione popolare dell’assedio di Otranto ad opera dei Turchi, è al centro dell’intervento di Beatrice Stasi, che ne porta avanti un’accurata disamina, mettendo in evidenza i legami con la tradizione colta da una parte, rappresentata dal romanzo L’ora di tutti di Maria Corti, e con quella popolare dall’altra. Gli altri interventi si concentrano su ulteriori elementi della personalità culturale della Durante. Simone Giorgino si dedica ad un aspetto più marginale, ma non per questo meno significativo, dell’attività letteraria della scrittrice, il suo apprendistato letterario all’insegna di una scrittura poetica «di taglio intimistico in cui si canta la fragilità dell’esistenza umana» (p. 113), culminato con la pubblicazione della raccolta Il tempo non trascorre invano nel 1951, e dell’instaurarsi di una serie di proficue relazioni culturali, che la porteranno nei primi anni Sessanta a collaborare alla rivista «Il Critone». Il campo d’indagine di Raffaella Aprile è invece la presenza della Grecìa Salentina nell’attività culturale della Durante, per la quale rappresentava un vero e proprio “luogo dell’anima” oltre che oggetto di uno spiccato interesse antropologico, alla base di iniziative come la fondazione del Canzoniere Grecanico Salentino, gruppo di musica popolare, e del Carnevale della Grecìa. Maria Teresa Pano offre una prima ricognizione dell’attività giornalistica di Rina Durante, che si protrae dalla seconda metà degli anni Cinquanta fino all’ultima sua stagione, annoverando collaborazioni con moltissime testate. La ricostruzione di questo panorama così ampio e articolato mette in luce l’estrema varietà degli interessi della Durante giornalista, dai contributi esclusivamente letterari alle «collaborazioni con pezzi di cronaca, di costume, divagazioni critiche, inchieste e reportages dal taglio sociologico e antropologico» (p. 201). L’intervento di Franco Martina è orientato all’analisi della seconda fase dell’attività della Durante, definita “nuovo” meridionalismo per l’interesse sempre più forte maturato verso teatro e musica, campi artistici nei quali era più semplice rintracciare l’apporto culturale delle classe sociali subalterne.

Diversi interventi sono dedicati all’approfondimento della produzione di racconti. Goffredo Fofi analizza il racconto Tramontana, ritenuto uno dei più belli del Novecento, in cui il tema della vocazione al sacerdozio del protagonista si intreccia con quello della miseria e dell’emigrazione, che colpiscono un Salento ancora lontano dal suo “miracolo economico”. Si procede inoltre ad un raffronto tra il racconto e la sua trasposizione cinematografica, Il Tramontana di Adriano Barbano, film poco noto e apprezzato dalla critica, di cui si apprezza soprattutto il paesaggio, «vero e antico, che ha ancora il suo sapore, odore, colore» (p. 26). L’attenzione di Alessandro Leogrande si sofferma invece su due dei racconti più tardi, La liana arborea e Vittorio, accomunati dal tema della trasformazione, che si configura più come una trasformazione antropologica e del paesaggio salentino nel primo e dell’ambiente culturale, con un graduale restringimento del margine di autonomia degli intellettuali, nel secondo. L’intervento di Fabio Moliterni è volto ad una prima ricostruzione dell’attività letteraria della Durante dispersa su quotidiani e periodici, che abbraccia un periodo che va dal 1963 al 1973, definita «un’officina narrativa che appare perennemente aperta e “aggrovigliata”, […] del tutto “inadempiente”, non-conclusa e provvisoria» (p.125). Tali racconti sono accomunati, pur nelle differenti modalità, dall’assunzione del punto di vista da parte di soggetti emarginati ed esclusi, che appaiono come portatori di una carica sovversiva e straniante, all’insegna del ribaltamento comico e dell’ironia dissacrante. Patrizia Guida esamina dal punto di vista tematico e stilistico i racconti che costituiscono il volume Gli amorosi sensi, la cui peculiarità viene individuata nella «dimensione sociale della scrittura» (p. 155) e nell’«idealizzazione (im)possibile del reale che colloca la sua scrittura tra la fabulosità epica e quell’ironia demitizzante, che i critici hanno riconosciuto come la cifra caratterizzante la sua pagina» (p. 165). Argomento dell’intervento di Giovanna Scianatico sono invece i racconti “albanesi”, ambientati nel luogo incantato dove la scrittrice ha vissuto la sua infanzia e in cui vi è una mescolanza tra l’aspetto soggettivo e quello oggettivo, tra la densità mitico-simbolica e il realismo.

La personalità della Durante viene inoltre messa a fuoco anche attraverso gli interventi della Tavola rotonda finale di Gino Santoro, Massimo Melillo e Carlo Alberto Augieri, che si soffermano rispettivamente sulla figura dell’intellettuale impegnata per la tutela del territorio salentino, sul percorso politico e ideologico e sullo stile della sua narrazione.

[Recensione a AA.VV. Rina Durante. Il mestiere del narrare. Atti del Convegno Nazionale di Studi (Melendugno- Lecce, 18-19 novembre 2013), a cura di Antonio Lucio Giannone, Lecce, Edizioni Milella 2015 – ISBN: 978-88-7048-588-2, pubblicata in “Oblio”, Anno VI, n. 22-23, Autunno 2016, pp. 140-142.]

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