Aldo Moro non è del tutto morto

di Cosimo Scarcella

Circa otto anni or sono, nel novembre 2014, giungeva con grande soddisfazione quasi liberatoria la notizia che era stata conclusa l’inchiesta condotta sul caso Moro, dopo le interessanti dichiarazioni di Enrico Rossi, ex ispettore di PS. Il Procuratore generale di Roma, Luigi Ciampoli, avrebbe riferito nella competente Commissione parlamentare. Si concludeva, dunque, l’inchiesta. Ma nell’animo – particolarmente di chi ha vissuto quei terribili avvenimenti – riaffiorano ancor oggi brutti ricordi  e soprattutto riemerge ancora un forte senso d’incredulità. Il rapimento e l’uccisione di Moro hanno inferto allora un colpo mortale non solo e non tanto a un partito politico, ma anche e soprattutto a tutto il nostro Paese. Ferita così grave e profonda che ancora oggi è veramente difficile prevedere fino a quando rimarrà ancora aperta, con tutte le sue conseguenze. Erano già passati quattro anni dal tragico episodio, quando l’allora Segretario della Democrazia Cristiana Flaminio Piccoli, tentando di intravedere qualche filo di chiarezza, asseriva che «dire che non abbiamo mai avuto dubbi varrebbe riconoscere che siamo di pietra. Ogni coscienza che si rispetti, dinnanzi ad eventi così spaventosi, s’interroga, si esamina, ricorda momenti e decisioni e li riguarda sotto ogni aspetto, per la ricerca di una verità, che sia portatrice almeno di serenità e di pace». Non pochi dubbi restano ancora,  e forse non si capirà mai la verità delle motivazioni vere e delle finalità politiche occultate, che condannarono a morte Aldo Moro. Non bastano, comunque, celebrazioni e attestazioni. Dimenticando e condannando alla sterilità alcuni suoi validi insegnamenti – consigliati con la vita e testimoniati con la morte da martire del servizio al bene di tutti – lo statista Aldo Noro forse rimarrebbe “assassinato” di nuovo.

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