Poesia e/è filosofia. Riflessioni sugli scritti di Vittorio Bodini

di Giovanni Invitto

Un giovane professor Vittorio Bodini (al centro) con i suoi allievi del Liceo “Pietro Colonna” di Galatina nell’a.s. 1941-1942.

Chi mi ha dato il via per una lettura di Bodini, mi ha detto di vedere nella produzione del poeta ciò che è affine ai miei interessi e alla mia Weltanschauung. La lettura sistematica della produzione di Bodini, laureato in filosofia nell’ateneo fiorentino a ventisei anni, ha generato in me la percezione che la filosofia non appaia in quanto tale nella sua produzione poetica, ma che vi appaia mimetizzata e, se è lecito il termine, «impastata» con la poesia. Insomma in Vittorio Bodini l’endiadi poesia e filosofia comporta che la «e» da congiunzione divenga copula. Non è un evento nuovo nella storia letteraria dell’Occidente: basti pensare al sommo Giacomo Leopardi e alla filosofia contenuta nei suoi versi, filosofia a cui sono stati dedicati convegni e robusti tomi. Va detto, per chiarezza, che la filosofia, per chi scrive qui, non è una serie di sistemi di pensiero, ma è una ricerca del senso della realtà e dei vissuti umani,

Questo connubio poesia-filosofia cosa comporta? Salvatore Quasimodo, nel suo Discorso sulla poesia, elaborato per la premiazione del 1958, quando aveva ottenuto il Nobel, ebbe a dire che i filosofi sono i «nemici naturali dei poeti». Ma lasciamo agli addetti ai lavori letterari la valutazione di quel paradigma, che personalmente non condivido, e torniamo a Bodini e alla sua filosofia mutata in poesia oppure alla sua poesia venata di una filosofia tramutata in esistenza. Infatti, c’è un essenziale punto di partenza teorico, se non teoretico, che ci dice che tutto è solo esistenza: non c’è trascendenza se non all’interno del soggetto.

Andiamo per ordine di raccolta, in modo da rispettare, per quanto possibile, attraverso scampoli dei suoi versi, il percorso temporale di Bodini e del suo fare poesia. Superfluo, ma doveroso, aggiungere che questa lettura non ha niente di filologico e rientra solo nella narrazione del poeta leccese, perché anche per lui, come per ognuno di noi, l’esistenza è autonarrazione. A questo punto è doveroso pensare e scrivere che sicuramente su ciò può aver influito il contatto del poeta con la filosofia spagnola del tempo. Non dimentichiamo che Maria Zambrano iniziò ed esaltò la propria militanza filosofica con Le Confessioni come genere letterario, apparso nel 1943.

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