Gramsci e dintorni 2. Il lorianesimo da Engels a Croce ed a Gramsci

di Giuseppe Virgilio

Alcune connotazioni spirituali hanno caratterizzato le qualità mentali di un gruppo di intellettuali italiani e la cultura nazionale. Esse hanno dato corpo ad una particolare categoria culturale che per definizione gramsciana va sotto il nome di lorianesimo. In essa confluiscono “(…) disorganicità, assenza di spirito critico sistematico, trascuratezza nello svolgimento dell’attività scientifica, assenza di centralizzazione culturale e quindi irresponsabilità verso la formazione della cultura nazionale (…)[15]. Il nome a questa categoria intellettuale viene da Achille Lòria (1857-1943), professore padovano di economia, il quale (Marx era appena sceso nella tomba) pubblica sull’attività politica e letteraria del pensatore tedesco nella “Nuova Antologia” dell’aprile 1883 un articolo infarcito di note polemiche e di dati biografici inesatti. Con quest’articolo il lorianesimo, inteso come mollezza ed indulgenza etica nel campo dell’attività scientifico-culturale, è già cominciato. Il Lòria accusa Marx “(…) di un fallimento tecnico completo…, di un suicidio scientifico (…)“, a proposito della teoria sul valore nello scritto L’opera postuma di Carlo Marx, apparso in “Nuova Antologia” il 1° febbraio 1895, specialmente alle pp. 478-479.

Marx è giunto alla scoperta del plusvalore innanzi tutto attraverso l’analisi della società primitiva senza classi, poi esaminando il lavoro schiavistico e quello del servo della gleba nel Medioevo, e quindi il lavoro della società moderna divenuta società produttrice di merci, quando già le leggi economiche sono determinate dal valore delle merci medesime. Tutto ciò è sfuggito ad Achille Lòria, così come (il che importa di più) egli non considera che nella società attuale divisa in classi, dove il flusso dei beni materiali è prodotto dal lavoro, la parte di questo prodotto che supera quella necessaria al sostentamento del lavoratore, va alla classe dominante la quale, proprio perché detiene i mezzi di produzione, domina il processo produttivo e contribuisce così allo sviluppo e al potenziamento del sistema capitalistico. Il lettore s’avvede che si tratta di una teoria dalle molteplici implicazioni storico-culturali. Il Lòria pretenderebbe di ridurre tutta l’analisi di Marx, centralizzatasi nella teoria del plusvalore, al principio banale e dozzinale del valore identico al prezzo della merce. E’ giusto quindi che il lorianesimo sia sottoposto ad una critica dissolvente sin dalla sua prima formulazione, anche se i suoi princìpi teorici tarderanno ancora ad essere tradotti in dottrina, mentre altre categorie intellettuali subiscono una rielaborazione critica quando sono diventate centro di pensiero, perché hanno riportato la conoscenza primitiva a quella già posseduta.

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