Zibaldone galatinese (Pensieri all’alba) XL

di Gianluca Virgilio

Il candore di Franz Biberkoff. Ripenso a Franz Biberkoff, il personaggio protagonista del romanzo di Alfred Döblin, Berlin Alexanderplatz (1929), incarnato in Günter Lamprect, sotto la regia di Rainer Werner Fassbinder, nell’omonimo film a puntate (1980); ripenso al dialogo di Franz con i boccali di birra e col bicchierino di grappa, il grappino, in una birreria di Berlino. La scena si trova nell’ottava puntata del film di Fassbinder ed ha una leggerezza, un candore, una grazia che ha pochi esempi nella cinematografia mondiale. Se dovessi trovare un termine di paragone, penserei alla danza dei panini nel film di Charlie Chaplin, La febbre dell’oro. Il sogno dell’omino e il delirio di Franz: due scene sorelle, irragionevoli, oniriche, apparentate dal loro essere apparentemente del tutto svincolate dalla vicenda narrata, che interrompono, con una gratuità che ha dell’incantevole, stupisce e lascia ammirati. La vera arte è tutta qui, forse.

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Giardinaggio. Poeticissima – per altri patetica – figura quella di un vecchio che pianta nel campo un alberello che probabilmente non vedrà crescere e di cui non godrà il frutto. Ognuno – uomini e alberi e tutte le altre cose – ha la sua vita, il suo tempo. Il che vuol dire che in noi, nel fondo indecifrabile del nostro animo, v’è un’innata tendenza che ci fa agire anche in tarda età non per un tornaconto personale né per una ragione altruistica, bensì per propagare la vita, continuarla al di là di noi, diffonderla nel mondo intorno a noi, almeno per quel tanto che ci è possibile.  Il vecchio che pianta un albero non godrà dei suoi frutti e non so se gli importa molto che qualcuno lo faccia al suo posto negli anni avvenire; quel che gli dà vera soddisfazione è l’aver propagato la vita attraverso la messa a dimore di una pianta. Questo è forse il senso profondo del giardinaggio, un’attività terapeutica che aiuta a vivere diffondendo la vita. Nella vitalità delle piante, nella floridezza del mio giardino, sento accresciuta la mia vitalità, più florido il mio ego. Questo è quanto io sento. Ma la natura agisce al di là del mio interesse e del mio immediato intendimento. Essa usa il benessere che mi deriva dalla cura delle piante per propagare la vita: è questa l’unica cosa che importa.

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