Taccuino di Terra d’Otranto 3. L’albero

di Antonio Devicienti

     Il pensiero deve essere ostinato come l’olivo che sopravvive alle calcinazioni della Canicola e alle erosioni della salsedine;

malleabile come la pietra leccese che può essere lavorata in diecimila forme;

tagliente come il filo e come lo scalpello quando cavano i blocchi di pietra;

accogliente come le cisterne d’acqua sotto la campagna estenuata dall’eccesso di luce;

fragrante come le immense foglie del basilico che spuntano dai vasi sui balconi e sulle terrazze;

esaltante come il vino rosso di queste terre, corposo e liquoroso;

sapienziale come i vigneti nei quali si entra, a perdersi nell’ombra loro. A perdersi:

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     La Terra d’Otranto è regione lontana, appartata dal cuore dell’Europa. Da qui la mente può osservare e pensare, pensare progetti di conoscenza e di liberazione. Qui c’è l’essenziale: il mare, la luce, la pietra, l’olivo. Noi abbiamo quest’arcaicità, nel senso di ἀρχή, cominciamento, il punto da cui comincia il pensare. La radice dell’albero.

     Alceo, il poeta di Lesbo, prescriveva di piantare la vite, quasi fosse atto sacro e meritorio.

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