La condizione umana nella poesia di Giuseppe De Dominicis (Capitano Black) (Parte seconda)

di  Antonio Lucio Giannone

Passiamo ora ad esaminare le poesie più significative della raccolta Spudhiculature (1903), le quali appartengono tutte, come s’è detto, a una fase più recente di composizione e ci permettono di parlare, forse non del tutto impropriamente,  di un “ultimo De Dominicis”, un De Dominicis per certi aspetti  sorprendente, con una sensibilità decisamente più moderna e aperto a una problematica e a suggestioni tipicamente novecentesche. Incominciamo allora da Primavera, che all’inizio descrive l’arrivo della nuova stagione con immagini incantevoli e versi di una straordinaria musicalità  che restano impressi:

     Primavera, te sentu ca si’  ‘rriata,

te canuscu alla mèndula fiurita,

e tte isciu a mmienzu ll’aria barzamata

de nna ndore ca a mpiettu dae la vita;

te isciu ‘ntru lla campagna ca è berduta,

subbra ‘gne cchianta ca s’ha buttunata…

o Primavera, iessi benvenuta,

de quattru misi si’ desederata!

                                               (p. 17)

(“ Primavera, ti sento che sei arrivata, / ti conosco dal mandorlo fiorito, / e ti vedo in mezzo all’aria profumata, / di un odore che in petto dà la vita; // ti vedo dentro la campagna che è rinverdita, / sopra ogni pianta che si è ingemmata… /o Primavera, sii benvenuta, / da quattro mesi sei desiderata!”).

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