Tre sguardi ghirriani (Luigi Ghirri in Puglia)

Oppure ci sono i notturni da Polignano a Mare: lo scivolo con le barche tirate in secca e il maravigliante effetto della calce bianca delle casupole combinata con la luce artificiale dei lampioni mentre tutt’intorno c’è il buio fondo della terraferma e del mare – non è infatti detto che la luce rischiari tutto e ovunque. E qui la luce è lo sguardo stesso dischiuso su gradini di pietra, sui perfetti parallelepipedi delle casupole e degli edifici disposti a diversi livelli, sugli scafi (alcuni rovesciati), sui pali della linea elettrica; il punctum?  – forse l’automobile rossa parcheggiata a ridosso della grande parete bianca e insidiata dall’ombra in basso. Ed è possibile vedere il silenzio (uno dei miracoli ghirriani, mi sia concesso di scrivere). Il silenzio è stato di sospensione, sosta dell’andare.

Infatti la chiesetta, anch’essa bianca, di Santo Stefano, lo slargo e le costruzioni pure biancheggianti intorno sono spazio-silenzio dilatato fino al punctum delle persone affacciate sul mare, in fondo, sole sagome colorate tra le diverse gradazioni del bianco, ché la calce di Puglia sa mostrare e dimostrare come e quanto il bianco non sia un colore unico e invariabile, ma conosca molte declinazioni, variazioni, virate. E vi si aggiungano le scabrosità della pietra, le diverse sporgenze dei mattoni dai muri, il lavorio dei passi, del vento, del sole e della pioggia sul selciato e sui gradini – Ghirri ha fotografato spesso strutture effimere, poetiche talvolta di abbadono o nel loro stare come sospese in certe stagioni dell’anno (altalene su spiagge invernali, per esempio); in questi tre luoghi di Puglia coglie invece perfettamente un’istanza di durata e una stratificazione temporale che si rendono visibili nelle costruzioni le quali sembrano volere inverare il lineare rigore della geometria euclidea.

Chiunque sia cresciuto negli antichi centri abitati pugliesi conosce questo lindore e questa nitidezza degli spazi e dell’abitare, ha familiarità con la materia calda ch’è il legno delle porte e delle ante delle finestre, ritrova il senso d’intimità e di protezione scaturito da ragioni molto pratiche (per fini di difesa il borgo era raccolto entro le mura, d’estate doveva – e deve – difendersi dal caldo intenso e dalla luce molto forte), ma che si traduce in percezione e in sentimento dell’abitare.

Luigi Ghirri percorre la Puglia aggiungendo tappe al suo viaggio attraverso l’Italia e, come Piovene, come Soldati vede e restituisce per mezzo del suo sguardo un Paese già minacciato dalle speculazioni e da offese forse irreparabili, dove abitare non è più continuità di memoria e di affetti – e a maggior ragione lo sguardo viene a sua volta ad abitare gli spazi di bellezza di queste fotografie, ma senza nostalgie, bensì misurando possibilità ancora esistenti di umanità e di armonia.

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3 risposte a Tre sguardi ghirriani (Luigi Ghirri in Puglia)

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  2. Massimiliano Damaggio scrive:

    Sì, Antonio, hai ragione: si riesce a vedere il silenzio. Ed è stupefacente che tu, con la tua scrittura, lo abbia fatto vedere nella fotografia di Ghirri. Sono dei testi bellissimi in cui mi ritrovo, dove mi sento a casa. E’ sempre una faccenda di luce. Grazie.

  3. Riconosco questa luce. La sua parola calda, intrisa d’umano, il suo nitore, insieme umile e superbo. Queste immagini di Ghirri, sono già delle perfette letture del genius loci, e il tuo commento, Antonio, le attraversa con l’intensità della memoria ormai divenuta, per noi allontanati dalla nostra terra d’origine, pietra incisa, incancellabile. Ti ringrazio , tu ringrazia Ghirri da parte mia.
    Annamaria

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