Scritti su Giacomo Leopardi 6. Virtù stoica e progressismo nel Bruto minore

di Giuseppe Virgilio

Vincenzo Camuccini, La morte di Cesare,
(particolare) 1804-1805, GNAM Roma .

Il personaggio leopardiano di Bruto non presenta il motivo tragico della paternità cesariana, come in Voltaire, o la volontà di persuadere il tiranno a rinunciare al regno già adombrata in Shakespeare e poi nell’Alfieri. Bruto del Leopardi è la nobilissima guida ideale di pochi isolati aristocratici, difensori della libertà antica, quella più radicata e più giusta, consapevole che la vera città di Roma, libera ed equa, è là dove molti cittadini romani sono stati esiliati durante la dittatura di Cesare. Gli anni della libertà e dell’èra repubblicana sono finiti nel 44 a.C. sul campo di Filippi, dove con la vittoria dei triunviri hanno avuto inizio le sciagure della patria.

Per parte sua Cicerone loda la dignità del carattere, l’integrità dei costumi, la serietà dei princìpi di Bruto, ed è significativo che gli dedichi, fra le altre opere, l’Orator, modello di studio della parola che, nato in Grecia dove ha trovato terreno propizio dopo i grandi periodi creativi, solo tardi e lentamente si è potuto divulgare e affermare in Roma per la naturale ripugnanza del vecchio spirito romano contro le dottrine astratte. Anche per Bruto, come per gli stoici, il linguaggio che agisce sul pensiero e lo guida è parte costitutiva della nostra esistenza spirituale.

La critica leopardiana ha fin qui valutato in modo piuttosto generico la genesi stoica del Bruto minore che ha ispirato l’animus agonistico, il titanismo e lo spirito prometeico dell’autore; e non c’è dubbio che queste prerogative sono presenti nel canto. Su tutte però sovrasta una multiforme etica di origine intellettualistica, maturata nel Leopardi attraverso lo studio dello sviluppo storico dello stoicismo. Il Manuale di Epitteto è stato tradotto da Leopardi fra il 22 novembre e il 16 dicembre 1825, vale a dire quattro anni dopo la composizione del Bruto minore che è opera di venti giorni nel dicembre 1821. Anche se la cronologia postula il contrario (tutti i riferimenti a Epitteto nello Zibaldone sono successivi al 1921), è necessario ammettere la conoscenza delle coordinate essenziali della filosofia di Epitteto da parte di Leopardi al momento della composizione del canto medesimo.

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