Un libro per l’estate 8. Storia di Gordon Pym di Poe e “i gorghi del destino”

Poi, un ammutinamento: e il romanzo non è più una semplice avventura marinaresca ma diventa manifesto dell’horror psicologico, la cui trama si districa tra “cose che si possono immaginare ma che le parole non hanno l’efficacia di esprimere, non riuscendo a rendere adeguatamente l’orrore indicibile della realtà”. Sotto il velo della trama, tutto l’universo letterario di Poe si incendia e trovano espressione i temi tipici dei suoi racconti: il cannibalismo, il soprannaturale, la sepoltura prematura, l’allucinazione, la morte.  Il viaggio di Arthur Gordon Pym per mare è una risposta a un’indole malinconica che lo risucchia come un gorgo. Pym, “il grande depresso” – come lo definisce Cesare Medail -, si mette in mare per compiere il proprio destino, per rispondere al desiderio perverso di assistere ripetutamente “all’infinito spettacolo della propria morte”. Ma, alla morte, segue la rinascita: morte e rinascita si alternano, nel romanzo di Poe, in maniera tanto incalzante da tenere costantemente con il fiato sospeso. Tutto per arrivare ad un finale così perfetto da non far trovare pace a Lovecraft e Verne i quali, ossessionati dalla conclusione scelta da Poe, ambientarono rispettivamente “Alle montagne della follia” e “La sfinge dei ghiacci” nello stesso punto in cui l’immagine del naufrago, abbagliato da un biancore che sa di eternità, chiude il romanzo di Poe.

[“Leccenews24”, 23 agosto 2020]

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