Diario del mio trasferimento (Giugno-settembre 2002)

di Gianluca Virgilio

Giugno. In questi giorni sto esaminando i miei ragazzi di quinta. È l’ultimo incarico al Nord. Il ministero, difatti, mi ha trasferito, su mia richiesta, in un istituto vicino a casa, a più di mille chilometri dalla sede in cui ora mi trovo: da Zogno in Val Brembana a Casarano nel Salento.

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Luglio. Sono a Galatina ormai da diversi giorni, nella casa dei miei genitori, e spesso, insensatamente, mi capita di pensare alla mia prossima partenza per il Nord. In realtà non partirò più, perché la mia nuova sede di lavoro, come ho detto, è vicino casa, e quindi alla fine di agosto non dovrò più ripercorrere l’autostrada per prendere servizio il primo settembre, ma mi basterà fare circa venti chilometri per andare a lavorare. Mi sembra incredibile! Ho un solo rimpianto: mia madre non ha visto il mio ritorno a casa, essendo morta quattro mesi prima che si pubblicasse la notizia del mio trasferimento.

Ho deciso di prendere degli appunti, almeno per qualche tempo.

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Nella casa dei miei genitori c’è un piccolo giardino piantato ad alberi da frutta: un limone, due mandarini, un caco, un pero, un albicocco; su tutti sovrasta una palma canariensis. Fino a qualche tempo fa era il regno di mia madre, che vi trascorreva buona parte della giornata. Poi, da quando si è ammalata, il giardino è diventato una selva, perché lentamente mia madre ha perduto la forza di curarlo, e le piante sono cresciute a dismisura, invadendo ogni spazio.

Il giorno dopo il mio arrivo a Galatina, mi sono recato di buon’ora presso una rivendita di articoli per giardinaggio ed ho comprato una zappa, un rastrello e una sega elettrica, con la seria intenzione di disboscare quell’intrigo di frasche, sterpi e rami. Ho fatto una sudata per potare e per estirpare, per zappare e, nello spazio dove il sole riesce a filtrare attraverso gli alberi, per piantare poche piante di peperone e pomodoro, di basilico e prezzemolo. Ora l’acido lattico fa sentire i suoi effetti nei miei muscoli non abituati a questo tipo di lavoro.

Per qualche istante ho creduto di inimicarmi il genius loci, mia madre. Lei sapeva in quale angolo del giardino c’erano i tuberi di dalie e in quale le cipolline di tulipano e poi le fresie e le mammole e le rose e questo e quest’altro: non c’è verso di metterci mano, senza mutare l’assetto che mia madre aveva dato al suo giardino.

Questa voce è stata pubblicata in Carteggi, Epistolari, Lettere, Diari, Zibaldoni e altre meraviglie, a cura di Enrico De Vivo e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

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