Una camminata a Galatina

di Gianluca Virgilio 

Ripenso al racconto di mia madre della sua prima memorabile giornata lontano da casa. Lei, di Corigliano d’Otranto, insieme alle sue amiche, sulla strada ancora non asfaltata per Galatina, a quindici, sedici anni, quindi nei primissimi anni cinquanta (essendo mia madre del ’34), cammina e cammina per giungere quanto prima a Santu Petru, il patrono di Galatina, la festa più grande del Salento. Partenza all’alba, col permesso – s’intende – dei genitori, devoti al Santo, a piedi nudi e con le scarpe in mano, per risparmiare le suole; le avrebbero calzate solo alle porte di Galatina, dopo aver lavato i piedi alla prima fontana. Per strada, sull’acciottolato polveroso, pochi gruppi di fedeli di Corigliano, distanti un chilometro l’uno dall’altro, mentre in senso contrario solo qualche viandante messosi in cammino verso Corigliano per chissà quale affare. Di tanto in tanto passa uno char à bancs, e non si capisce che cosa trasporti: le sponde sono alte e dietro c’è di sicuro qualcosa o qualcuno che non si vuol far vedere. Tra le ragazze di Corigliano qualcuna dice che dentro di sicuro c’è una tarantata.

Ecco un albero carico di fioroni proprio sulla strada. Impossibile non avvicinarsi, la strada fa venire fame: mangia tu che mangio io. Cammina, cammina, alla fine dall’alto della strada appare San Pietro in Galatina, con la sua gran fabbrica elevata sulle altre: città grande per le ragazze coriglianesi, ventimila abitanti non sono i tremila di Corigliano. Contentezza di mia madre per essere finalmente libera un’intera giornata, lontana dai genitori, con le amiche, e chissà quanti bei giovani a Galatina. Certo le amiche non si nascondevano un po’ di paura, per via di tutte quelle cose che si sentivano sui galatinesi, che erano delinquenti, e bisognava stare attenti a chi si dava la confidenza. Quanto ci avranno messo per arrivare fino a Galatina? Dieci chilometri a piedi, ridendo e scherzando, si percorrono in tre ore, quattro al massimo, considerando un paio di soste. Sono partite alle tre di notte, al massimo alle sei stavano a Galatina, col sole già alto e cocente in quella stagione. Il ventinove giugno del 1951 ci sarà stato un gran caldo, sebbene dicano che a San Pietro piova sempre, ma lo dicono con la speranza che il cielo dia un po’ di refrigerio alla gente che va alla festa.

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