Un’emozione per comprendere l’arte e il mondo

di  Antonio  Errico


Jan Vermee, Pesatrice di perle, olio su tela, 40,3×35,6 cm, 1664, National Gallery of Art, Washington.

La comprensione, forse, non è necessaria. Quella comprensione che si intende completa, compiuta, definitiva, può anche non essere necessaria. L’attrazione, invece, è necessaria. Il richiamo irresistibile. La seduzione provocata dall’incompreso, da quello che è o può sembrare sfuggente, indecifrabile, misterioso. Uno si ritrova davanti a un verso di cui avverte l’armonia ma non riesce a stringere il senso. Per esempio: uno incontra, o cerca, quella reticenza terribile e stupenda,  incantevole e inquietante, allo stesso tempo  impetuosa e pacata: “ altro dirti non vo’”, e non si domanda quale sia il significato che assume nel contesto della poetica di Leopardi, perché gli importa soltanto il senso che in quel momento assume per la sua esistenza.    

Uno si ritrova davanti ad una tela, ad un affresco, di cui non conosce l’origine né la storia, eppure resta lì, con tutto il suo stupore, a contemplare quelle figure dal significato oscuro, coinvolto dalle loro forme o dall’abbaglio dei colori. Per esempio:

non gli importa la tecnica che Jan Vermeer usa nella “Pesatrice di perle”. Gli importa la meraviglia che provoca quella luce che filtra dalla tenda tirata, il fascino che sprigiona quella figura di giovane donna intenta a pesare con una bilancia forse oro, forse perle, l’emozione che consegue alla visione. Forse il senso sta proprio in quell’emozione, nella confusione dei sentimenti, nella rinuncia da parte della ragione a collocare le proiezioni del senso in categorie, in formule e definizioni.    

Forse il senso sta tutto nell’emozione.

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