Animali identitari: il “bestiario salentino” di Vittorio Bodini e Fernando Manno (Parte seconda)

di Antonio Lucio Giannone

Bestiario salentino era stata pubblicata per la prima volta nel giugno del 1959 sulla rivista leccese «La Zagaglia» ed era dedicata a un misconosciuto scrittore salentino, Fernando Manno, scomparso a Roma appena un mese prima, il 31 maggio di quell’anno, a cui Bodini era legato anche da vincoli di parentela. Manno, nato a San Cesario di Lecce il 6 dicembre 1906, è stato Direttore di  vari Istituti di cultura italiana all’estero (Romania, Spagna, Portogallo, Guatemala), oltre che docente in alcuni istituti scolastici italiani[1]. L’anno prima della morte aveva pubblicato il suo unico libro, Secoli fra gli ulivi, con venticinque disegni del pittore leccese Lino Suppressa, nel quale, sulla scia di Bodini, cercava di interpretare la propria terra nei suoi aspetti profondi, individuandone alcuni fenomeni identitari. Ma forse è superfluo precisare che il Salento indagato da Manno, come pure quello di Bodini, non esiste più, essendo legato ancora a tradizioni e abitudini di vita ormai estinte da tempo. Bodini dedicò a questo libro un’acuta e partecipe recensione, nella quale, fra l’altro, scriveva:

Il libro rappresenta un interessante e ben riuscito tentativo di collaborazione di due distinte sensibilità, che s’incontrano a un vertice d’intelligente passione salentina. Il narratore e il pit­tore hanno idealmente percorso una terra così scarna di sensa­zioni estetiche, eppure così ricca di suggestioni favolose e cultu­rali qual è la Terra d’Otranto. Anzi quale l’ha fatta un pugno di scrittori e di artisti. Poiché proprio la povertà dei colori e delle speranze su queste terre arse dalla canicola, rotte dagli scogli affioranti fra le zolle, o coperte di pietre che a volte la mano del contadino raccoglie in monticelli che hanno la paurosa appa­renza di rozzi tumuli di assassinati; proprio tutto questo nelle loro mani si è tramutato in ragione di metafisico incanto[2].

In Secoli fra gli ulivi è presente una sezione dal titolo Fauna del cuore, composta da quindici prose nelle quali l’autore passa in rassegna quattordici animali, tipici del Salento, ed esattamente: l’orbettino, la secàra, il geco, il millepiedi, la civetta, la capra, la lumaca, il ramarro, la formica, le cicale, la gazza, la tarantola, lu pupiddhru, il rigogolo. Alla fine compariva un pezzo intitolato Il firmamento fossile.  A proposito di questa sezione, così Bodini osservava, sempre nella sua recensione:

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