La cultura giuridica nel Mezzogiorno come freno allo sviluppo economico

Il Mezzogiorno d’Italia è diventato uno studio di caso a livello internazionale, dal momento che si è di fronte a un esempio rilevante di quello che SVIMEZ ha definito “sottosviluppo permanente”. Si consideri che, in circa dieci anni, la Germania è riuscita nella storica impresa di ridurre i divari interni fra la parte ovest e la parte est del Paese. L’Italia, invece, li ha visti quasi costantemente aumentare a partire dalla sua unificazione. La Lombardia si conferma – nell’ultimo Rapporto SVIMEZ – l’area del Paese con il più alto Pil pro capite, mentre le aree tradizionalmente meno ricche diventano sempre più povere. I 37300 euro della Lombardia si contrappongono ai 17100 euro della Calabria, con la Puglia a euro 18100. La regione più povera d’Europa fa parte della Bulgaria (Severozapen, con un Pil pro capite pari a 8600 euro).L’avversione al sapere tecnico-scientifico è parte integrante del problema, per due fondamentali ragioni.1) Nel mercato del lavoro, soprattutto per le giovani generazioni, in una condizione nella quale la numerosità di individui in possesso di laurea è inferiore a quella di altre macroaree italiane e soprattutto europee, così come la presenza di Università e centri di ricerca (soprattutto non di nuova istituzione), la competizione fra umanisti è molto elevata e concorre a determinare precarietà, basse retribuzioni, elevata disoccupazione, migrazioni intellettuali. Ciò ancor più in ragione del sostanziale venir meno dello Stato come datore di lavoro di ultima istanza, conseguenza del blocco del turnover – operato dal Governo Monti ormai dieci anni fa – nella pubblica amministrazione. Incidentalmente, occorre osservare che proprio quest’ultima decisione è alla base del ritardo di attuazione del PNRR al Sud, essendo stato raggiunto il 34% del totale della spesa sul 40% da ottenere per investimenti nelle regioni meridionali. In più, la formazione umanistica non agevola la nascita di imprese né la loro gestione e questo contribuisce a spiegarne la bassa numerosità in quasi tutte le regioni del Sud. 2) Nella sfera produttiva, la forma mentis umanistica riproduce e amplifica l’ossessione burocratica tipicamente italiana, riducendo la propensione alla risoluzione dei problemi e all’efficienza. È, dunque, lavoro di routine poco attento all’innovazione, sia organizzativa sia tecnologica. In un contesto nel quale la competizione su scala globale si svolge, per contro, proprio attraverso continui incrementi di produttività trainati dall’applicazione (sebbene capitalistica e dunque appropriati dal privato) degli avanzamenti della conoscenza umana, la routine burocratica risulta inevitabilmente perdente, anche per l’attitudine di respingimento delle imprese in loco (che, infatti, non investono nel Mezzogiorno). Non a caso, i flussi di investimenti diretti esteri al Sud sono irrisori e, in uscita, le nostre imprese non si internazionalizzano e mostrano anche una bassissima propensione alle esportazioni, come ripetutamente certificato sul piano empirico dai maggiori centri di ricerca (Istat e Banca d’Italia, fra gli ultimi, nei Rapporti del 2022). Derive della cultura umanistica implicano erudizione e l’erudizione è spesso il rifugio delle menti deboli: un rifugio facile e sicuro che consente loro di evitare il confronto con le inevitabili difficoltà e l’investimento logico della scienza moderna. Si tratta di un enorme problema, meridionale e anche italiano, che si traduce nella sovrapproduzione di leggi. Si calcola, a riguardo, che, nel 2019, il Parlamento italiano ha prodotto 93 leggi, a fronte delle 37 dell’Inghilterra e delle 13 della pur burocratica Spagna (Rapporto sulla legislazione – Osservatorio della Camera dei deputati, 2019). La cultura meridionale – si badi – è intrisa di cattolicesimo e di un marxismo poco attento all’evoluzione delle scienze e delle tecniche (è un topos del marxismo italiano), dal momento che la Storia di queste terre è intrinsecamente legata, soprattutto negli ultimi secoli, a una tradizione di studi che, salvo rare ed eccellenti eccezioni (per esempio, Antonio Gramsci), sottolinea il carattere storicistico e umanistico del sapere.

[“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 11 gennaio 2023]

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