Abazia

di Salvatore Carachino

Giacomo Silva era partito con la valigia di cartone per studiare chimica a Milano. Sposato con la figlia di un ricco produttore di vernici ha aumentato vertiginosamente il patrimonio della famiglia ed oggi, tra gli uomini più ricchi del paese, ha fatto costruire nella immediata periferia orientale di Lecce, sua città natale, un grande edificio che ha voluto chiamare Abazia Nuova. Esso presenta struttura e servizi di un grande albergo e come tale sarà gestito nei primi tempi, ma è destinato a casa madre di una Compagnia detta del Buon Ritiro. Se questa istituenda fondazione avrà successo con un primo significativo numero di membri, l’immobile sarà donato dal Silva allo stato e messo sotto la tutela dei Beni Culturali.  

   Un ritiro in Abazia che potrà essere chiesto da qualsiasi persona negli anni prossimi alla conclusione della carriera lavorativa e comunque dopo aver compiuto i sessanta. Una nuova vita in comunità quando, raggiunto il massimo livello di competenza professionale, si desidera essere ancora utili alla società ma ci si figura il sopravvenire di inabilità e si spera in un passaggio non traumatico a strutture di assistenza collegate. Persone sole o con figli lontani potranno chiedere di entrare nella Compagnia e domiciliarsi nella sua sede o in sue dipendenze. Verserebbero una retta secondo possibilità e potrebbero aggiungere donazioni. I figli, quando ci sono, non si lamenterebbero della distrazione di una fetta di eredità avendo il vantaggio di liberarsi del peso di accudimento. I membri di tale comunità, seniores o più semplicemente silvestrini con diritto di voto in assemblea “capitolare”, favorirebbero un sistema centralizzato di influenza culturale sulle amministrazioni locali al fine di un civile sviluppo del territorio. Giovani e meno giovani delle varie professioni potrebbero stabilire rapporti di collaborazione e di amicizia al fine di implementare una realtà che tornerebbe a loro vantaggio e potrebbe alleviare anche a loro il male della solitudine.

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