Inchiostri 45. Per Henrietta Swan Leavitt

di Antonio Devicienti

C’è un grande foglio di feltro bianco: in esso Rosa Barba letteralmente ritaglia e asporta le lettere che compongono il testo di una pagina della pubblicazione che l’astronoma Henrietta Swan Leavitt dedicò ai propri studi intorno alle Cefeidi visibili nella Piccola nube di Magellano; il foglio viene appeso a una qualche distanza dalla parete e un riflettore lo investe con la sua luce – il testo, di fatto invisibile sulla sola superficie del foglio, appare, luminoso e perspicuo, nell’ombra proiettata sulla parete.

Rosa Barba allude in tal modo alla vicenda professionale ed esistenziale di Henrietta Swan Leavitt, per anni impiegata come calcolatore umano all’osservatorio astronomico dell’Università Harvard di Cambridge e all’ombra degli astronomi ricercatori (maschi), ma capace di effettuare calcoli e studi che la portano a scoprire il metodo per misurare la distanza delle stelle dalla terra.

In sede di realizzazione artistica la luce artificiale del riflettore è l’attenzione della mente che, investendo l’opera scientifica di Henrietta Swan Leavitt, ne proietta il poderoso significato oltre il testo stesso (invisibile o cieco se non c’è qualcuno che lo legga) illuminando l’ombra che può essere sia quella della non-conoscenza, sia quella (necessaria e dialettica) affinché la luce del pensiero possa agire perché non è concepibile luce senza ombra, né testo visibile senza il suo risvolto oscuro. E veramente il testo è un ritagliare e un asportare le parole che lo costituiscono affinché lo sguardo che legge attraversi le membrature del foglio raggiungendo lo spazio dove il testo viene proiettato: dietro (o meglio: oltre) il foglio si estende la regione dove il testo possa veramente rendersi visibile.

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Anche il disegno è filiazione della luce.

Sulle lastre fotografiche provenienti dai telescopi puntati sulla piccola Nube di Magellano Henrietta Swan Leavitt traccia segni, linee, cerchi, ne estrae calcoli e sequenze di cifre: stavolta è un proiettore con la pellicola a vista a rendere visibili sulla parete quegli studi pazienti e quotidiani, quei disegni figliati dalla posizione delle stelle e dalla mano della scienziata che traccia linee, archi, triangoli: relazioni: nell’opera di Rosa Barba Drawn by the Pulse quei fotogrammi si alternano alle riprese fotografiche attuali – sempre provenienti dall’osservatorio dell’Università Harvard – della medesima porzione di cielo, è un film muto in 35 mm la cui colonna sonora è il rumore del proiettore che fa scorrere la bobina e la pellicola, il cui pensiero portante è quel disegnare con la luce, seguendo le variazioni della luce, lo svelarsi dello spazio-tempo alla mente, mentre l’inchiostro o la grafite tracciano segni che corrispondono esatti alla sete di conoscere, alla curiosità di chi si sa, minuscolo essere, collocato in qualche luogo dell’universo.

La luna, il plenilunio che erra nella notte, senza turbarla, senza abolirla, senza la profanazione diurna, la luna e le stelle sono per i nostri piccoli occhi mortali, i sintomi del tutto. Ma che sarebbe il tutto, l’universo senza i nostri, piccoli, effimeri occhi viventi e mortali? Non possiamo conoscere il tutto, ma soltanto i suoi sintomi. Andrea Emo, Aforismi per vivere, Milano, Mimesis Edizioni, 2019, pag. 112 (dal quaderno 364 del 1974).

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