Racconti sovietici 5. Vipera (1)

di Aleksej Nikolaevič Tolstoj

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Quando appariva Olga Vjačeslavovna con una vestaglietta di cotone, spettinata e cupa, in cucina tutti si mettevano a tacere; sibilavano soltanto puliti diligentemente, pieni di kerosene e di una latente rabbia, i fornelli a petrolio. Da Olga Vjačeslavovna si diffondeva una certa minaccia. Uno degli inquilini, parlando di lei, disse: «Esistono delle carogne come questa col dito sempre sul grilletto… Tenetevi da loro, cari miei, a dovuta distanza…»

Con un boccale e uno spazzolino da denti, stretta alla cinta da un asciugamano a fibre lunghe, Olga Vjačeslavovna s’avvicinava al lavandino e si lavava, bagnando sotto un getto d’acqua del rubinetto la sua testa dai corti capelli scuri. Quando in cucina si trovavano soltanto le donne, si faceva scendere la vestaglietta in vita e si lavava le spalle; appena sviluppate, come quelle di un’adolescente, seni con dei capezzoli marroni. Salita su uno sgabello, si lavava le belle e forti gambe. Allora si poteva scorgere sulla sua coscia una lunga cicatrice trasversale; sulla schiena, sopra una scapola, l’incavatura rosa-lucido della traccia d’uscita di una pallottola perforante; sul braccio destro un piccolo tatuaggio bluastro. Il suo corpo era slanciato, olivastro, con una sfumatura dorata.

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