La lettera di Antioco III sugli abusi dell’esercito ai danni del santuario del dio Sinuri in Caria (Turchia)

In effetti, nel Carnet n° 39 (1946), Louis Robert registra il suo nuovo passaggio a Kalınağıl nel settembre 1946, insieme con la moglie Jeanne, entrambi legati da un sodalizio familiare e scientifico irripetibili. In quella circostanza, Robert ritrova l’iscrizione sul sito del santuario e la copia nel taccuino, annotando poi, inel suo volume Hellenica VII (Paris 1949), di non avere potuto fare progressi nella lettura dell’iscrizione. Più tardi, pubblicando le iscrizioni del santuario di Amyzon in Caria (Fouilles d’Amyzon en Carie, Paris 1983), Jeanne e Louis Robert attribuiranno la lettera di Sinuri ad Antioco III, sostenendo che essa debba esssere inquadrata nel­la politica coerentemente messa in atto dal re Antioco III e dal suo più alto funzio­nario, Zeuxi, nei confronti dei santuari della Caria; politica sempre meglio docu­mentata dalle numerose iscrizioni portate alla luce dagli scavi svedesi a Labraun­da (J. Crampa, Labraunda. The Greek Inscriptions, Lund-Stockholm 1969-1972) e dagli scavi dei Robert ad Amyzon.


Fig. 3. Louis Robert durante l’esplorazione in Caria (Turchia) nel 1946).
(Foto gentilmente donatami, insieme con altre, da Jeanne Robert nel 1987 con questa annotazione a tergo: «Pour l’amusement, un instantané (agrandi) que j’avais pris en allant à Inebolu (Néapolis de Carie) dans la vallée de l’Harpasos en 1946, ville que mon mari a identifiée dans sa communication au 9e Congrès international de numismatique à Berne [1979]»).

Nel 1998, per volere della moglie Jeanne Robert (nata Vermaseren, 1910-2002), è stato costituito il Fonds Louis Robert presso l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres (Institut de France) a Parigi (https://aibl.fr/travaux/le-fonds-louis-robert/), dove è stata ordinata ed è custodita la stupefacente mole dei cal­chi, dei carnets di viaggio e di scavo, dei dossiers, delle monete, delle migliaia di foto e di molti altri documenti: quegli archivi imponenti offrono la testimonianza mirabile e sempre feconda dell’opera gigantesca e impareggiabile di Jeanne et Louis Robert. Al Fonds Louis Robert sono ammessi pochi selezionatissimi studiosi per lo studio dei documenti che vi sono custoditi.



Fig. 4. Jeanne e Louis Robert a Monaco di Baviera per il IV Congresso Internazionale di Epigrafia Greca e Latina (1972). (Foto donatami da Jeanne Robert nel 1987).

Grazie alle autorizzazioni accordatemi dalla Académie des Inscriptions et Bel­les-Lettres, e con l’amichevole sostegno di M.me Béatrice Meyer, nei vari soggiorni di studio presso il Fonds Louis Robert (2006-2013) ho potuto esaminare i docu­menti relativi alle iscrizioni di Sinuri, in particolare: i quattro calchi cartacei n° 2403-2406 della lettera reale di Antioco; il Dossier n° 71: «Sinuri»; i Carnet n° 28-35, relativi ai primi due viaggi in Caria di L. Robert nel 1932 e 1934, i Carnet n° 39-41 relativi al nuovo viaggio in Caria di Louis e Jeanne Robert nel 1946.

La lettera reale di Sinuri fa parte del voluminoso dossier delle epistole reali ellenistiche che da molti anni vado raccogliendo e annotando con il proposito di un aggiornamento della celebre Royal Correspondence in the Hellenistic Period di C. B. Welles (1901-1970) pubblicata nel 1934, un sussidio tuttora fondamentale per gli studi di storia ellenistica, ma inevitabilmente invecchiato a causa delle mol­te nuove scoperte epigrafiche (si pensi che la Royal Correspondence di Welles re­gistrava 71 lettere reali, mentre nel mio dossier ho riunito ad oggi circa 440). Il mio studio della lettera di Sinuri nel Fonds Louis Robert è stato accompagnato da un viaggio in Caria nel maggio-giugno 2008, nel corso del quale sono risultati vani i miei tentativi di rintracciare il blocco contenente l’iscrizione, sia nel museo di Milas/Mylasa, sia sul sito del santuario a Kalınağıl /Sinuri, dove peraltro sono an­cora sul terreno le molte iscrizioni greche pubblicate da Louis Robert. Non restava dunque che cercare di decifrare la lettera reale sulla base dei quattro calchi custo­diti nel Fonds Louis Robert, che presentano difficoltà insormontabili a una lettura diretta. In effetti, sono state le centinaia di foto digitali dei calchi da me stesso eseguite nel Fonds Louis Robert, e la loro elaborazione al computer, che mi hanno lentamente condotto alla decifrazione quasi completa di ciò che resta della lette­ra reale. Un ruolo importante ha anche avuto la rielaborazione digitale e informa­tica delle foto dei calchi fatte eseguire a suo tempo da Louis Robert e cutodite nel Fonds Louis Robert.

Per la decifrazione dell’iscrizione è stata determinante la lettura di parole-chia­ve che si ripetono: anastalenai (l. 3 e l. 8), apachthenta (l. 6 e l. 8). I due termini orientano verso una precisa categoria di documenti: quelli che trattano del se­questro, della presa in ostaggio e della deportazione (apagein) di persone da par­te di briganti, pirati o eserciti in guerra e del loro rimpatrio sani e salvi (anastel­lein) a séguito dell’intervento risolutivo di personaggi influenti o di autorità politi­che o di altri intermediari. Su questo tipo di documenti è particolarmente utile l’eccellente volume di Anne Bielman, Retour à la liberté. Libération et sauvetage des prisonniers en Grèce ancienne, Athènes-Lausanne 1994.

Il titolo del re nella forma Basileus Antiochos Megas nella lettera di Sinuri per­mette di delimitare la cronologia fra la data nota di assunzione di tale titolo, il 203 a.C., e il 201 a.C., ultimo anno nel quale Antioco ha questo titolo; a partire dal 200 a.C. il titolo del re diventa: Basileus Megas Antiochos. (I due titoli riflettono ideo­logie reali diverse che qui non possiamo affrontare.) Dunque, le circostanze stori­che della lettera reale di Sinuri appartengono al periodo della campagna in Caria di Antioco III e di Zeuxi, appunto fra il 203 e il 201 a.C.

Dalla lettera apprendiamo che un gruppo di persone (probabilmente il perso­nale sacro dipendente dal santuario: gli hierodouloi) era stato prelevato con la forza e deportato altrove, evidentemente con il proposito di ottenere un riscatto per il loro rilascio; che un fondo di proprietà (topos) del santuario era stato occu­pato e saccheggiato dall’esercito seleucidico di passaggio nel territorio. Nei docu­menti che trattano del sequestro di persone, queste, siano esse di condizione li­bera o schiavile, uomini e donne, sono definite collettivamente somata apach­thenta, lett.: «corpi sequestrati, deportati». I malcapitati caduti in potere altrui, catturati e deportati, privati della loro condizione sociale e giuridica originaria, diventano dei semplici “corpi”, semplici merci e oggetti di scambio: la prospettiva dei somata apachthenta è infatti la liberazione dietro pagamento di un riscatto o la vendita in schiavitù o la morte. Nel caso del santuario di Sinuri, le persone se­questrate appartenevano con ogni probabilità a quella categoria di personale sa­cro nota con il nome di hierodouloi, i quali erano caratterizzati da un vincolo di dipendenza, non necessariamente di tipo servile, nei confronti del santuario; per­ciò, come già in altri casi, gli hierodouloi, nella loro condizione di cattività, saranno divenuti, come attestano altre iscrizioni, hiera somata apachthenta, lett.: «corpi sacri sequestrati».

Con la sua lettera, il re Antioco concede che gli hiera somata apachthenta siano rimpatriati sani e salvi (senza riscatto) nei domini del santuario dai quali erano stati prelevati, e che il fondo occupato dall’esercito seleucidico tornasse nella pie­na proprietà del santuario e fosse delimitato da cippi di confine e di proprietà.

Questa interpretazione della lettera di Antioco a Sinuri trova precisa conferma nei documenti di altri due ben più noti santuari in Caria: l’Artemision di Amyzon e il santuario di Zeus a Labraunda, anch’essi coinvolti dal passaggio dell’esercito seleucidico nella stessa campagna in Caria. Un decreto di Amyzon rende noto che l’esercito seleucidico aveva sequestrato gli hierodouloi dell’Artemision, e che l’ambasceria di un eminente cittadino di Amyzon presso il re Antioco aveva otte­nuto che gli hiera somata apachthenta fossero rimpatriati sani e salvi ad Amyzon (senza riscatto). Un altro decreto di Amyzon rende noto che l’intervento di alcuni alti funzionari seleucidici aveva consentito il recupero di beni mobili (aposkeué) degli abitanti, saccheggiati dall’esercito e portati nella fortezza di Alinda dove ave­va sede il governatore seleucidico della Caria. S’aggiunga che una lettera di Zeuxi all’esercito ordina ai soldati di rispettare in ogni modo il santuario di Zeus a La­braunda.

I documenti di Amyzon, Labraunda, Sinuri, mostrano che, malgrado le direttive di Antioco e di Zeuxi di rispettare i luoghi sacri, alcuni di questi santuari non evita­rono né il sequestro di persone né il saccheggio da parte dell’esercito seleucidico di passaggio nel corso della stessa campagna in Caria del 203-201 a.C.

Concludendo, riporto qui di séguito il testo come da me restituito della lettera di Antioco III sul santuario di Sinuri, accompagnandolo con una mia traduzione.

Fig. 5. Calco n° 2403 della lettera regia di Sinuri.
(© Fonds Louis Robert della Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Paris)

Segni diacritici: [ ], integrazione di lettere perdute; α̣λ̣π̣, lettere di lettura incerta; _ _ _ lacuna.

   1     [Βασιλεὺς] Αντίοχος Μ̣έ̣γ̣α̣ς̣ [ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _χαίρειν.]

   2     [Ἐπειδὴ τυγ]χάνει κατὰ ΚΑ _ ΑΝΕ [ _ _ _ τὰ ἱερὰ σώματα ἀπαχθέντα, ὑμῖν συγχωροῦμεν ταῦτα]

   3     [ἅπαντα] ἀνασταλῆναι [ἀ]πὸ τοῦ π[ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _τοῦ]

   4     [τό]που καὐτὸν στηλῶσαι στὴ[λαις. Περὶ ὧν μὲν Ζεῦξις πρότερον ἐγεγράφει τοῖς στρατι]-

   5     [ώ]ταις συντάξας τὸν αὐτὸν τό[πον [ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ]

   6     _ _ Σ̣Η δὲ τῶν ἀπαχθέντων καὶ ταὐ[τῶν _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ]

   7     [ε]ὐθὺ ἡμῖς γεγράφαμεν δ[ὲ κα]ὶ τ[οῖς ἐ]π[ὶ τῶν πραγμάτων τασσομένοις συντάξαντες τὰ]

   8     [ἀ]παχθέντα ἅπαντα ἀναστ[αλῆναι εἰς τὴν ἰδίαν καὶ ὑμῶν μὲν εὐνόων ὄν­των καὶ εἰς ἡ]-

   9     [μᾶ]ς πιστευόντων μηθενὶ τ’ ἐπιτρέπειν [ἐνοχλεῖν ὑμᾶς καὶ ὑμῶν προθύμως ἀντιλαμ]-

10     [βά]νεσθαι.              Ερρωσθε.

Fig. 6. Ricalco B.V. a matita del calco n° 2403 della lettera regia di Sinuri.
(© Fonds Louis Robert della Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Paris).

Traduzione. – «Il re Antioco il Grande a . . . salute. Poiché è accaduto che du­rante . . . il personale sacro è stato deportato, vi concediamo che costoro, tutti quanti, siano rimpatriati sani e salvi al riparo da . . . del fondo (di vostra proprietà) e di delimitarlo con cippi. A questo riguardo, in precedenza Zeuxi aveva scritto ai soldati ordinando che quel fondo appunto … e che anche gli stessi beni dei deportati . . . Quanto a noi, abbiamo scritto direttamente ai funzionari preposti alla amministrazione ordinando che le persone deportate siano tutte quante condotte sane e salve alla loro dimora e, dal momento che voi siete devoti e riponete fiducia nei nostri confronti, che essi (= i funzionari preposti alla amministrazione) non permettano a nessuno di mole­starvi e si occupino di voi con zelo.     State bene.»


[Ho presentato il mio deciframento della lettera reale nella Journée d’étude del 7 novembre 2008, organizzata a Parigi dal Collège de France e dalla Académie des Inscriptions et Belles-Lettres per celebrare il 10° anniversario della creazione del Fonds Louis Robert. Della lettera di Sinuri ho trattato anche nel ciclo di lezioni sulla corrispondenza reale ellenistica che ho tenuto al Collège de France nel novembre-dicembre 2008, e nel Convegno Roma e l’eredità ellenistica, svoltosi a Milano nel gennaio 2009. Questi studi sono confluiti nel mio volume: Le roi écrit. La correspondance du souverain hellénistique, suivie de deux lettres d’Antiochos III à partir de Louis Robert et d’Adolf Wilhelm («Studi Ellenistici» XXV), Pisa 2011.]

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