Inchiostri 76. Bilbao

di Antonio Devicienti

Si muovono tra le membra d’un (preistorico?) animale che si bagna nei cicli di luce prima stellare, poi solare – è pietra vivente, metallo, legno, fibre terrestri e di tempo.
S’immergono nel corpo leggendario del canto (il vetro, il faggio, il titanio hanno una vibrazione ch’erompe dall’essere stati mare e vulcano).
Edificio come emerso per borrominiano slancio.
Si assottigliano, scivolano poi lungo pareti che hanno memoria: preromane, medioevali, a ogni secolo arse in auto da fé e vive, ancora vive nell’andanza di scaglie di pesci oceanici. S’inargentano quali steli di fiume corsi da linfe che stellanti si aprono diventando gabbiani nell’ardesia-vertigine dei tetti a respirare il sale vastissimo dell’Oceano.
Si fermano in laico pregare, gioire: i viandanti.

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