di Antonio Devicienti

Si muovono tra le membra d’un (preistorico?) animale che si bagna nei
cicli di luce prima stellare, poi solare – è pietra vivente, metallo, legno,
fibre terrestri e di tempo.
S’immergono nel corpo leggendario del canto (il vetro, il faggio, il titanio
hanno una vibrazione ch’erompe dall’essere stati mare e vulcano).
Edificio come emerso per borrominiano slancio.
Si assottigliano, scivolano poi lungo pareti che hanno memoria: preromane,
medioevali, a ogni secolo arse in auto da fé e vive, ancora vive nell’andanza
di scaglie di pesci oceanici. S’inargentano quali steli di fiume corsi da linfe
che stellanti si aprono diventando gabbiani nell’ardesia-vertigine dei tetti a
respirare il sale vastissimo dell’Oceano.
Si fermano in laico pregare, gioire: i viandanti.